16. Il sedicesimo divieto – “Non rendete ipocrita la terra”
1) Se raccontando lashon harà o pettegolezzo ha l’intenzione di compiacere chi lo sta ascoltando, nel senso che sa che chi lo ascolta odia la persona di cui gli sta parlando, e attraverso il suo racconto spera di compiacerlo – trasgredisce anche al divieto dì ipocrisia.
2) Ed è possibile che anche chi ascolta sia ipocrita – se una persona gli parla male del suo prossimo e chi ascolta sa che quello che sta dicendo non è corretto, e nonostante ciò annuisce con il capo per mostrare assenso, e aggiunge anche qualche parola negativa al riguardo – trasgredisce il divieto di non essere ipocrita, e nel momento in cui ascolta il racconto deve sforzarsi a non stimolarlo perfino con un singolo movimento che mostri che è d’accordo con quello che sta sentendo; e se chi racconta starà a sentire nel caso in cui venga ammonito per la questione, lo si deve ammonire.
17. Il diciassettesimo divieto – “Non maledire (perfino) un sordo”
È molto frequente che chi parla lashon harà in uno stato di collera, maledica col nome di HaShem colui di cui sta parlando, e così facendo trasgredisce il divieto di “Non maledire (perfino) un sordo”, perfino se maledice col nome di HaShem in una qualsiasi lingua. E lo trasgredisce anche se lo maledice non in sua presenza.
Abbiamo enumerato le diciassette trasgressioni a divieti espliciti direttamente nella Toràh che contravviene generalmente chi parla lashon harà, e la pena per alcuni di essi è la mittà bidè shamaim (ossia una morte spirituale in conseguenza di cui va male tutto ciò che concerne la vita della persona), oppure la perdita del mondo a venire. E se si racconta la lashon harà a un goy la trasgressione è molto più grave.