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Ottava Regola


1. Il divieto di Lashon harà non effettua distinzioni sul chi racconta, sia esso uomo o donna, parente o conoscente del soggetto del racconto. Persino nel caso voglia solo dimostrare il suo disappunto dinnanzi agli altri per il comportamento che è stato tenuto.

2. Da qui in poi cominceremo Be”H a chiarire su chi la Toràh vieta di parlare.
Il divieto di Lashon harà vale che il soggetto sia un uomo che una donna. Senza distinguere tra sua moglie e un’altra donna (o suo marito o un altro uomo). Allo stesso modo è vietato parlare degli suoceri e di ciò che succede nella loro casa. [Per quando invece è permesso raccontare si veda la regola 10 dal paragrafo 13 in poi]

Settima Regola.6


11. Per applicare la facilitazione di “Devarim Nikarim” (vedi alachà precedente) è necessario stare attenti che (a) i fatti siano effettivamente riconoscibili, senza ombra di dubbio. Devono essere veritieri effettivamente e non solo verosimili. (b) Soprattutto è necessario che veda i fatti su cui si basa in prima persona, e non si basa su fatti sentiti da altri, cui è vietato credere.

12. Ci sono cose per cui non è valida la facilitazione di “Devarim Nikarim” (vedi alachà 10):
a.       E’ vietato andare a raccontare ad altri.
b.      E’ vietato far perdere denaro o “menarlo” per ciò cui si è creduto.

Settima Regola.5

9. Una persona che racconta ingenuamente qualcosa che è avvenuto, di cui sappiamo che non ha alcuna intenzione di parlare male a proposito della persona di cui parla, o di mettere male fra lei e gli altri, è permesso credere a ciò che dice nel caso in cui si sia sentito, ma è dubbio se sia permesso a priori cominciare ad ascoltare le sue parole. In ogni modo, è estremamente difficile trovare una persona che effettivamente racconti ingenuamente. Pertanto, essendo questa norma di difficile applicazione pratica, chi tiene ad allontanare la sua anima dai peccati si astenga dal mettere in pratica questa facilitazione. 

10. Un ulteriore facilitazione è quella di “Devarim Nikarim” cioè di “cose riconoscibili” [si premette che questa norma non sarà chiara a meno che non si studino almeno le due halakhot successive]. La facilitazione di “Devarim Nikarim” si applica quando ci si rende conto attraverso altre conoscenze che il racconto è vero (e non solo verosimile). Questa facilitazione ha molte limitazioni. Ad esempio, se c’è la possibilità di giudicare la storia in modo favorevole, o dicendo semplicemente che a tale persona manca un tipo di attitudine per cui non poteva comportarsi altrimenti, non è applicabile questa facilitazione, perché sicuramente dobbiamo giudicarlo favorevolmente. Nel caso invece non ci sia possibilità di trovare un merito per giudicare ciò che ha fatto, è permesso credere a ciò che viene raccontato e accettare le parole del racconto. 
 E’ necessario fare una ricerca approfondita per sapere se effettivamente il racconto ricada nella categoria di “Devarim Nikarim”, perché spesso lo Yetzer Harà vuole che ci si basi su questa facilitazione, pertanto non si faciliti tanto in fretta (in particolare se non sono presenti le condizioni riportate nelle due alachot successive. )

Settima Regola.4


7.       Nelle prossime alachot cominceremo a vedere Be”H le norme sulla possibilità di accettare e ricevere la lashon harà effettuata da casi particolari:
 una persona che è attendibile “Kevè Terè” cioè come due testimoni
Persino se la persona che ci racconta la lashon harà è attendibile “Kevè Terè” cioè come due testimoni, non è possibile credere a ciò che dice.
8.       Nel caso venga raccontato da una persona che è attendibile “Kevè Terè”, cioè come due testimoni, che qualcun altro abbia commesso una trasgressione di cui è risaputa da tutti la gravità, è possibile accettare ciò che ha detto nel caso ci siano presenti due condizioni:
a.       Con i suoi occhi. Ha raccontato che ha visto la questione lui stesso. Nel caso ha raccontato che l’ha sentito da altri,  allora l’attendibilità di tale persona non costituisce un effetto sulle norme (quindi rimane vietato accettare ciò che dice, a meno che non sia possibile per altri motivi)
b.      Credere e non raccontare. Anche se gli ha detto che l’ha visto con i suoi occhi, ci si può credere e allontanarsi di conseguenza dalla compagnia del soggetto del racconto fino a che non faccia teshuvàh. In ogni caso è vietato raccontarlo a terzi, come abbiamo visto nella Regola 4 fine del paragrafo 5. E così non è possibile provocargli danno economico o alzare le mani su di lui chas veshalom per questo motivo.
c.       Oggi. Oggi difficilmente ci sono persone di questo livello, che siano attendibili come due testimoni. Pertanto è possibile solo sospettare di ciò che è stato raccontato, ma non crederci completamente. (Beer Maim Chajim 12)

Settima Regola.3


5.       A proposito di una persona che ha la fama di essere malvagia, visto che diverse volte si è venuto a sapere che ha trasgredito dei divieti conosciuti da tutti (come per esempio l’adulterio l”a), è permesso accettare su di lei lashon harà.
6.       Se una persona, parlando di se stessa, rivela qualcosa di negativo che riguarda lei e qualcun altro, è permesso credere solo a ciò che concerne lei stessa ma non ciò che riguarda l’altra persona.

Settima Regola.2


3.       Così come è vietato accettare la lashon harà proferita da una persona, è vietato accettare lashon harà proferita da due o più persone. È permesso sospettare della cosa ma non crederci. Come si potrebbero accettare le parole di critica su qualcuno, proferite da qualcun altro che, per il fatto stesso di dire ciò che dice, rientra nella categoria di malvagio (perfino se raccontano qualcosa di vero, figuriamoci se ci mette del suo)? Il fatto che siano malvagi è sicuro (stanno trasgredendo il precetto della Toràh che vieta di parlare male del prossimo), mentre la persona di cui parlano è ancora una persona kesherà totalmente, sulla quale al massimo si può sospettare, ma è assolutamente vietato credere a ciò che viene detto di male su di lei.
4.       Se si è sparsa una voce su qualcuno, sul fatto che costui abbia fatto qualcosa di male, o che abbia detto qualcosa che va contro la Toràh, è vietato credergli, è permesso solo sospettare.
In particolare, se si vuole raccontare la cosa a qualcun altro, si stia molto attenti a non farlo con lo scopo di spargere ulteriormente la voce.

Settima Regola


SETTIMA REGOLA: IL DIVIETO DI ASCOLTARE LASHON HARà DI FRONTE A UN PUBBLICO O IN PRESENZA DELLA PERSONA INTERESSATA
1.       È vietato ascoltare lashon harà anche se proferita di fronte a molte persone. Nonostante venga raccontata di fronte a molte persone, non va presa come vera, bisogna solo sospettare, verificare se è vero ciò che viene raccontato e, eventualmente, ammonire in modo adeguato la persona coinvolta nell’azione sbagliata.

2.       Non c’è nessun permesso di ascoltare lashon harà proferita di fronte a molte persone, perfino se proferita di fronte al diretto interessato (che non ribatte su quanto detto). Tanto più è vietato ascoltare lashon harà raccontata in presenza di più persone, in cui la persona che racconta dice che avrebbe detto la stessa cosa perfino davanti al diretto interessato.
Anche se il diretto interessato sta zitto mentre raccontano lashon harà su di lui di fronte a tutti, ciò non vuol dire che quello che sia stato raccontato sia vero, anche se di natura, la persona coinvolta, non sta solitamente zitta quando non è d’accordo su qualcosa.

Sesta Regola.6


     11. Chi chazveshalom ascolta lashon harà, può solo sospettare rispetto a quello che sente per salvaguardarsi, ma non può agire basandosi su di essa. Non può provocare alcun danno, imbarazzo, nei confronti della persona su cui si è sentito, né può tantomeno odiarla.
Va da sé che rimangono validi tutti gli obblighi che si hanno nei confronti di quella persona. Se per esempio hanno detto su uno dei propri dipendenti che ruba, bisogna comunque pagargli il salario. Bisogna dare zedakà a una persona che è conosciuta come povera, su cui però hanno detto che fa solo finta di essere povera (perché, fin quando la cosa non è certa, è permesso solo sospettare che sia vera e non si scappa dagli obblighi che si hanno nei confronti di quella persona).
12.       Se si è trasgredito il divieto di ascoltare lashon harà e credere a ciò che si è sentito, senza raccontare la cosa a nessun altro, ci sono dei metodi per fare teshuvà e riparare l’azione compiuta:
-          Rafforzarsi a estirpare dal proprio cuore le parole ascoltate e non credere a ciò che si è ascoltato.
-          Accettare su se stessi di non credere mai più in futuro alla lashon harà ascoltata su qualsiasi persona facente parte di Am Israel.
-          Fare il viddui per il peccato commesso.
Se ha raccontato ciò che ha ascoltato a qualcun altro, non ha modo di aggiustare la questione fin quando non si sia riappacificato con la persona di cui hanno parlato lashon harà, o fin quando estirpi dal cuore di chi lo ha ascoltato, le parole di biasimo nei confronti della persona a proposito (beer maim chaim 34) .

Sesta Regola.5


9.       Qualsiasi cosa sia vietato dire, è vietato ascoltare (per esempio offese sul comportamento degli avi, o azioni sbagliate che si sono compiute in passato e la persona attualmente si comporta bene, oppure dire di qualcuno che non è intelligente).
Questo vale sia in  forma orale che scritta.
10.       È vietato credere alla lashon harà che si sente. È vietato perfino dubitare a proposito della persona di cui si sente parlare. È permesso però sospettare che ciò che si è sentito sia vero, nel caso in cui si possa subire un danno, o qualcun altro possa subirlo.
Poiché è vietato credere a quello che si è sentito, si continua ad avere l’obbligo di fare del bene nei confronti di quella determinata persona, per quanto riguarda tutte le mizvot in cui la Toràh ci ha comandato di fare del bene al prossimo, per esempio dandogli zedakà. Questo vale anche se, stando alle parole di lashon harà ascoltate, quella persona è entrata in una categoria di persone su cui non è vietato parlare lashon harà (di questa categoria sarà trattato be”H nella regola 8).

Sesta Regola.4


7.       Se si ascolta lashon harà su di una persona benonit (media) e si sa che la cosa è vera, però c’è la possibilità di giudicare la persona in questione in modo favorevole, bisogna giudicarla in modo favorevole.  Se chi ascolta invece la giudica in modo sfavorevole (quindi come colpevole), oltre che trasgredire il precetto della Toràh di giudicare favorevolmente, sta accettando la maldicenza su quella persona, e quindi sta oltretutto trasgredendo il divieto di ascoltare lashon harà.
8.       Se tanto più si è ascoltato un racconto negativo su di una persona temente di HaShem,  prendendolo come vero e giudicando quidni la persona in questione come colpevole, si sta sicuramente trasgredendo il divieto di ascoltare lashon harà (oltre che quello di giudicare favorevolmente una persona, tanto più se si tratta di qualcuno che teme HaShem).
Una persona che è stata giudicata colpevole dal bet din, ma va a raccontare a chi gli sta intorno che il giudizio è sbagliato e parla male del bet din, chi ascolta deve far uscire dal cuore della persona il risentimento nei confronti del bet din. Se le sue parole non sono servite, deve almeno stare attento a non prendere come vero quello che gli è stato raccontato, ma giudichi il bet din in modo favorevole. Se però ha trasgredito il precetto di giudicare favorevolmente e li giudica negativamente, è inciampato nel divieto di ascoltare lashon harà.

Sesta Regola.3


5.       Se già ci si trova con un gruppo di persone per qualche motivo, e queste cominciano a parlare lashon harà e altre cose vietate, e si sa che ammonirli per quello che stanno facendo non servirebbe a nulla, se è possibile, bisogna andarsene, oppure tapparsi le orechhie così da non sentire. Se però non se ne può andare, e se si tappasse le orecchie comincerebbero a deriderlo e a prenderlo in giro e quindi non è disposto a farlo,  per non inciampare nel divieto di ascoltare lashon harà deve fare tre cose:
a.       Decida con tutto se stesso di non accettare come vero quello che sta ascoltando
b.      Si senta a disagio in quella situazione
c.       Stia seduto pietrificato, e non mostri a coloro che raccontano nessun movimento facciale che dimostri che è d’accordo con quello che sta ascoltando, e ancora meglio, mostri una faccia contrariata.
6.       Tutto questo vale solo e soltanto nel caso in cui quando si era arrivati, il gruppo non stava ancora parlando lashon harà, però, se già parlavano lashon harà, o se ha la possibilità di defilarsi e non lo fa, o se sa che quelle persone sono solite parlare lashon harà, allora è chiamato criminale come loro, e in cielo viene scritto come persona che fa parte di quella combriccola e parlatore di lashon harà, perfino se non parla e se non si sente a proprio agio in quella situazione.
Tanto più ovviamente se ha l’intenzione di ascoltare quello che stanno dicendo.

Sesta regola.2 - Come evitare di inciampare nel divieto di sentire lashon har'à?

3. Se vi state chiedendo come fare a evitare di inciampare nel grave divieto di ascoltare lashon harà, ecco alcuni preziosi metodi.
Se arriva qualcuno, e si capisce che vuole parlare male di un’altra persona, bisogna chiedere fin dall’inizio: “Quello che mi vuoi raccontare, potrà essermi utile in futuro? Potrò essere d’aiuto a rimediare alla situazione che mi vuoi raccontare? Ho qualche possibilità di ammonire la persona in questione per quello che mi vuoi raccontare?”
Se la risposta è si a una di queste domande, allora è permesso ascoltare, senza credere a ciò che si ascolta, ma si può prendere in considerazione la cosa. D’altra parte, se non c’è nessuna risposta positiva alle precedenti domande allora è assolutamente vietato ascoltare.
Quando chi vuole raccontare vede che non c’è interesse nell’ascoltare sue parole, o si riceve in risposta una faccia adirata, la prossima volta ci penserà due volte prima di raccontare qualcosa di vietato, almeno per non fare una figuraccia.

4. A volte, ascoltare le critiche di una persona nei confronti di un’altra, può essere permesso o addirittura una mizvà.
Ecco alcuni esempi: (a) se ascoltando il racconto integralmente, posso poi dimostrare a colui che racconta o agli altri ascoltatori, che le cose non stanno così, (b) se posso trovare un merito per giustificare l’azione di quella persona, (c) se posso azzittire chi racconta, in modo che non vada a raccontarlo ad ulteriori persone.
In tutti i casi citati, bisogna comunque stare molto attenti a non credere in cuor proprio che il racconto sia vero, ma si sospetti soltanto della veridicità dei fatti.
Il consiglio che si può dare a chi è inciampato nel peccato di ascoltare lashon harà, è quello di provare a cercare immediatamente, con tutte le proprie forze, un merito grazie a cui giudicare favorevolmente la persona di cui si sta parlando male e riferirlo a colui che sta raccontando.
Bisogna poi provare ad estirpare ciò che chi racconta pensa in merito al soggetto dei suoi racconti, ad esempio proponendo degli spunti per giudicare favorevolmente la persona in questione.
Nel caso invece si conosca la natura di colui che racconta lashon harà, e si sa che in ogni caso non farebbe altro che continuare a parlarne sempre peggio, è sicuramente preferibile rimanere in silenzio.
Solo dopo che costui se ne sia andato, si può (ed è opportuno farlo se stanno a sentire) raccontare al resto delle persone che hanno ascoltato la lashon harà, tutta la questione da un punto di vista favorevole nei confronti della persona di cui si è parlato male. Si cerchi in questo caso, di estrarre dai loro cuori i fatti negativi che hanno ascoltato.

Sesta Regola



1    1.       Ascoltare lashon harà è vietato dalla Toràh. Questo vale sia che ci venga detto di una certa persona che ha trasgredito un precetto nei confronti degli uomini, sia che abbia trasgredito un precetto contro di HaShem. Se oltre che ascoltare lashon harà, si crede anche a quello che si sente, si trasgrediscono altri precetti, come è scritto nella Toràh: “Non accettare un racconto vano” (Shemot 23,1). I Chachamim z”l spiegano che la colpa di chi accetta la lashon harà che gli viene raccontata, è superiore perfino alla colpa di chi la racconta.
2   
     2.       È vietato dalla Toràh ascoltare lashon harà, perfino se si ha l’intenzione di non credere a qualsiasi cosa si ascolti. Però, se dall’inizio del racconto si capta che gli stanno trasmettendo delle informazioni che potrebbero risultargli utili in futuro (se per esempio vuole mettersi in società con quella certa persona, o stringere accordi matrimoniali) è permesso a priori ascoltare, per tutelarsi o fare attenzione a quella determinata persona. Questo vale anche nel caso in cui tali informazioni possano essere di beneficio a qualcun altro.
In ogni modo E’ VIETATO CREDERE IN CUOR PROPRIO CHE QUELLO CHE SI è ASCOLTATO SIA VERO, si può però sospettare e si può ricercare ulteriormente (in modo permesso dall’alachà).

Quinta Regola.5


1.       Così come è vietato parlare male di una persona, è vietato parlare male degli oggetti che le appartengono. Per esempio, un commerciante mosso dall’invidia, non può parlare male della merce di un altro commerciante, in tal caso sarebbe solo e soltanto lashon harà.
2.       Il divieto di parlare lashon harà si applica anche se è solo una persona a raccontare i fatti, tanto più se sono in due, e la cosa è ancora più grave, perché se entrambi raccontano lashon harà è più probabile che gli credano. Anche se la prima persona racconta e in seguito la segonda, anche il secondo trasgredisce il divieto di parlare lashon harà.

Quinta Regola.4


5.       Se si racconta a proposito di qualcuno che è debole, è sicuramente vietato se la cosa comporta un danno per la persona in questione: se per esempio lavora a giornata o se insegna. Lo stesso vale se si dice a proposito di una persona che è povera, o che non è così ricca come si crede. Sicuramente a causa di quello che si è detto la persona subirà un danno o sarà quantomeno dispiaciuta della cosa, e quello che si è detto potrebbe addirittura influenzare la vita della persona in modo negativo.
Se c’è una qualche necessità nel riferire informazioni di questo tipo, per sapere come comportarsi bisogna studiare bene la regola 9 delle ilchot rechilut.
6.       La stessa affermazione può costituire lashon harà se detta a proposito di una certa persona, come può non costituire lashon harà se detta a proposito di un’altra.
Se si dice che qualcuno studia Toràh tre quattro ore al giorno, e questa persona fatica molto per guadagnare la sua parnasà (sostentamento) lavorando molte ore al giorno, questa affermazione costituisce un complimento. Se si dice la stessa cosa a proposito di qualcuno che viene mantenuto affinché possa occuparsi tutto il giorno solo del sacro studio della Toràh, la stessa affermazione costituisce lashon harà.
Lo stesso vale se si racconta che una certa persona spende una certa somma per lo shabbat o per denaro da dare in zedakà. Se si tratta di una persona comune, quella somma potrebbe essere più che onorevole, se si tratta di una persona particolarmente benestante dire che spende quella stessa somma costituisce una critica.
Da qui impariamo una regola generale molto importante: ogni cosa, che se raccontata pubblicamente potrebbe costituire un danno fisico o monetario o di altro genere al prossimo (o anche solo procurargli dispiacere o paura) allora la cosa costituisce lashon harà. E il Rambam (Hilchot Deot 7,5) scrive: “Ogni cosa, che se si venisse a sapere, potrebbe danneggiare una persona fisicamente o economicamente o spaventarlo o perfino turbarlo, questa è lashon harà”.

Quinta Regola.3


3.       Lo iezer harà inganna l’uomo, facendogli credere che se si dicono i difetti di una persona la cosa non costituisce lashon harà. In realtà è lashon harà, perché l’unica intenzione è quella di criticare la persona. Inoltre è molto probabile che chi sta ad ascoltare ritenga che quello che gli viene detto sia vero.
Però, se si vuole mettere pace fra due persone è permesso. Per esempio se Reuven odia Shimon per qualcosa che gli ha fatto, è permesso dire che Shimon ha fatto quello che ha fatto a causa della sua stupidità.

4.       Se si racconta, a proposito di una persona che è considerata agli occhi di tutti saggia della Toràh, che in realtà non è poi così saggia, o che non sa poi così bene le cose, così da sminuire il livello della persona agli occhi altrui, così facendo si inciampa sicuramente nel peccato di lashon harà (anche se la cosa è vera). È vietato quindi dire una cosa simile tanto per parlare, se la cosà non ha utilità, all’infuori di quella di denigrare la persona in questione. Così facendo si causa un danno e dispiacere alla persona.
Se si vede che la gente vuole dargli un qualche incarico, e così facendo commetterebbero un grosso errore, in questo caso per sapere come agire bisogna studiarsi bene la regola 9 delle ilchot rechilut.

Quinta Regola.2

2.1 È vietato denigrare qualcuno per i suoi difetti. Se si racconta la verità oggettiva si commette il peccato di parlare lashon harà. E se oltretutto si esagera nel descrivere la situazione, si aggiunge qualche particolare inesatto o simili, si commette il peccato molto più grande di “diffamazione”.

2.2 Se si dice di una persona che non è intelligente, è una cosa molto grave: se la persona non è sposata nessuno vorrà sposarsi con lei, se la persona lavora nessuno vorrà entrare in società con lui, comprare da lui etc.. Se è un rav, è possibile che la gente cominci a non ascoltare più quello che dice, e a causa di questo alla fine sarà costretto a lasciare la sua strada, e così facendo si intacca il kavod della Toràh e di coloro che la studiano.

Quinta Regola

IL DIVIETO DI PARLARE LASHON HARà PER QUESTIONI CHE RIGUARDANO LE MIZVOT FRA L’UOMO E IL SUO PROSSIMO
1.       
Così come è vietato far vergognare il prossimo per questioni che riguardano le mizvot fra l’uomo e il signore, è vietato farlo vergognare per questioni che riguardano l’uomo e il prossimo. È vietato perfino se quello che si racconta è completamente vero. Se per esempio si è vista una persona chiedere un favore ad un’altra persona, e quest’ultima ha rifiutato di aiutarla, è vietato andarlo a raccontare in giro, altrimenti si compie il divieto di parlare lashon harà. È vietato perfino se si è vista la cosa di persona, e perfino se a raccontare è la persona in questione a cui è stato negato l’aiuto. Anche se l’altro avrebbe potuto aiutare e non l’ha fatto, è vietato andarlo a raccontare in giro. Chi racconta la cosa, oltre al divieto di lashon harà, trasgredisce il divieto di serbare rancore, e se và a raccontare l’episodio per vendicarsi, trasgredisce il divieto di non vendicarsi.

Quarta Regola.Conclusione


Da tutto ciò una persona deve riflettere e comprendere quanto ci sia da allontanarsi dal peccato di Lashon Harà. Perché chi si abitua a fare lashon harà quasi non ha la possibilità di fare teshuvàh, perché difficilmente ricorderà tutte le persone di cui ha parlato e che ha fatto disprezzare attraverso la sua lashon harà. Persino coloro che ricorda, sicuramente si vergogna a rivelare la cosa. A volte può aver persino parlato di una famiglia e di un suo eventuale difetto, e per questo avere danneggiato non solo loro ma la loro potenziale dinastia – cosa per cui non può in alcun modo ottenere scusa da chi non è nato. [N.d.R. In ogni caso una persona che vuole fare Teshuvàh ha la possibilità nel caso effettivamente sia pentito. A seconda del caso è opportuno si rivolga ad un Poseq e gli racconti la situazione. In base a questa cercherà di trovare una soluzione adatta alla situazione per fare Teshuvàh Be”H]

Quarta Regola.10 - Come fare Teshuvàh?

12. Come fare Teshuvàh?

12.1.1 Nel caso in cui gli ascoltatori non abbiano creduto a ciò che ha raccontato, e quindi si trova che nessuno ha provato disprezzo di alcun genere della persona di cui si è parlato a causa delle sue parole, allora rimane solo il suo peccato nei confronti di HaShem. Per riparare, deve pentirsi di ciò che ha commesso, confessare il peccato dinnanzi al Signore nel Viddui, e ricevere su sé stesso con cuore integro di non ricommettere lo stesso peccato successivamente.
12.1.2 Nel caso invece gli ascoltatori abbiano creduto a ciò che ha raccontato e si è quindi disprezzato il soggetto del discorso a causa delle sue parole, e attraverso ciò si è provocato danno o sofferenza, allora è necessario chiedere da questa persona di perdonarlo. Quando effettivamente lo perdonerà, allora è necessario sistemare la parte del peccato tra di lui ed HaShem, come visto nel paragrafetto precedente.

Quarta Regola9. Informazioni su qualcuno

11. Abbiamo un principio fondamentale nelle questioni di Lashon Harà: se una persona vuole cominciare una nuova collaborazione, può e anzi è molto opportuno verificare su di lui presso altri a determinate condizioni.

Esempi di collaborazione: prendere un nuovo impiegato per il suo lavoro, o un nuovo socio, o un Shiddukh ~ proposta di potenziale partner al fine di arrivare al matrimonio.

11.1 Le condizioni per chi verifica:
11.1.1 Non si chiedano informazioni da qualcuno che si sospetta non sopportare la persona in questione, persino se non lo odia, ma è sufficiente che sia un concorrente economico.
11.1.2 Colui che verifica deve avvisare colui presso cui pende informazioni del motivo delle domande, e se non lo avvisa, trasgredisce il divieto di “Lifnè ‘iver lo titten michshol” ~ “Davanti ad un cieco non porre un inciampo” poiché chi gli risponde pensa di fare lashon harà.
11.1.3 Chi verifica stia attento a non credere sicuramente a ciò che gli viene detto, ma solo a sospettare della cosa, per stare attento dalla questione.

11.2 La condizione per la persona cui vengono poste le domande: è vietato esagerare le cose più di quanto egli sappia effettivamente. [Vedi successivamente Hilkhot Rechilut ~ pettegolezzi Regola 9, come e quando rispondere]