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Shidduch (4/4)


1.     La norma generale: una persona deve stare attento ai cammini che percorre, in particolare per ciò che riguarda ciò che dice, e non mescolarsi in cose che riguardano il prossimo se non nei casi in cui sa bene le cose effettivamente, e pensare di raccontare le cose per un’utilità e non per odio o non sopportazione, e pensare a priori tutte le possibili conseguenze delle sue parole. E HaShem ci salvi da errori.
Completato B”H il testo Chafetz Chajim!

Shidduch (3/4)

8. Imbrogli. Nel caso sappia, prima che abbiano “concluso”, che una delle due parti sta imbrogliando l’altra sulle condizioni economiche decise, allora bisogna riflettere bene prima di rivelare la cosa, perché sono necessarie molte condizioni per farlo (oltre a quelle esposte precedentemente Rechilut 9:2): 
a. Davvero? Bisogna per prima cosa riflettere se è un vero imbroglio, conoscendo la sua cattiva indole oppure la sua situazione economica molto povera, oppure che ha sentito esplicitamente che è una farsa (Ma non decida immediatamente che le cose stiano così semplicemente se ha difficoltà, perché spesso vediamo persone del genere che mantengono la loro parola molto più di persone che hanno un livello economico molto alto) 
b. Avrebbe accettato comunque? Bisogna sapere se l’altra parte avrebbe accettato comunque di sposarsi, anche senza queste garanzie economiche. Perché nel caso in cui non influenzino la sua scelta è vietato rivelarlo. 
c. Imbroglio per imbroglio. Bisogna essere certi che anche l’altra parte non stia imbrogliando a sua volta. Perché in tal caso “si rendono pari” almeno per quello che riguarda il mio dovere/possibilità di parlare sulla questione. 

9. Imbrogli (2). Nel caso invece abbiano già “concluso” e sappia di un imbroglio, bisogna vedere un ulteriore fattore (oltre all’ultimo precedente e alle regole di Rechilut 9:2): nel caso in cui le sue parole vengano accettate come motivo per sospettare soltanto (ossia che si pari le spalle per non subire danni), allora lo dica; nel caso invece c’è il rischio che venga creduto completamente, e si arrivi anche a disdire il matrimonio, allora è vietato rivelarlo, perché non capita che ci siano tutte le condizioni necessarie (vedi Beer Maim Chajim 14 dal Chafetz Chajim – Tziur Shelishì:9)

Shiddukh (2/4)


1.     Difetti gravi. Nel caso il promesso sposo abbia difetti gravi, abbiamo da distinguere il tipo di difetti:
a.      Malattia interna. Se il promesso sposo ha una malattia interna e l’altra parte non è consapevole poiché non è evidente, sicuramente deve rivelarglielo e non c’è divieto di rechilut, a condizione che si verifichino le condizioni spiegate prima (Rechilut Regola 9:2)
b.     Eresia. Nel caso si sia sentito che il promesso sposo ha tendenze eretiche (rispetto alla Toràh) è necessario rivelarlo, senza che si verifichi alcuna condizione. Solo nel caso in cui l’abbia solo sentito, non dica che lo sa, ma sottolinei che l’ha sentito, per cui è necessario non crederci subito, ma solo sospettare della cosa. (vedi Beer Maim Chajim 9)
c.      Mancanze di Toràh. Nel caso una persona abbia mancanze di Toràh rispetto a ciò che si pensava, è vietato rivelarlo. Perché se volevano effettivamente verificare la cosa avrebbero dovuto portare il promesso sposo davanti a Talmidè Chakhamim che l’avrebbero testato. (Nel caso effettivamente faccia così, allora i Talmidè Chakhamim devono dire le cose come stanno, perché le due parti erano d’accordo a monte ad effettuare il test) Poiché non l’ha fatto, è come se dicesse che gli va bene così.
Dalle due parti. Come è vietato/permesso rivelare qualcosa sullo sposo, vale la stessa norma per rivelare qualcosa sulla sposa o sulla sua famiglia. Solo deve riflettere in particolare se le cose saranno ascoltate, perché se non c’è la possibilità di essere ascoltato, allora è solo rechilut.

Shidduch (1/4)

4. Se vede che una persona sta per fare uno shidduch con qualcun altro, e (a) sa che una delle due parti ha delle gravi mancanze (vedi successivamente punto 6 cosa è definita come “mancanza”), e sa inoltre (b) che l’altra parte non sa della cosa e (c) che se la sapesse non accetterebbe di sposarsi. In tal caso bisogna rivelare la cosa, a patto che si verifichino tutte le condizioni spiegate in seguito Be”H. E’ necessario porre attenzione ad ogni dettaglio per poter permettere, ma prima di tutto è opportuno rimuovere gli inciampi che sono soliti esserci sulla questione. Ciò nonostante non dovrebbe essere necessario scriverli esplicitamente data la loro semplicità, ma a causa della possibilità di danno l’autore ha ritenuto opportuno esplicitarli.

5. Difetti senza sostanza. Spesso si parla male di difetti che non sono così importanti. Ad esempio, se il futuro sposo è una persona ingenua che non sa comprendere i cattivi comportamenti di persone che si “ritengono furbe” e che vogliono fregare il prossimo, o che non vuole fare buffonaggini come altre persone della sua età, essendo una persona seria, in tali casi spesso la gente dice su di tale persona che è tonto. Fino al punto che capita che la gente non voglia sposarsi con tale individuo a causa delle voci che circolano su di lui. O che vogliano annullarlo, oppure altre cose poco piacevoli.
E' importante sottolineare che il rivelare queste cose non ha alcuna forma di permesso. Nessuno dei criteri esposti precedentemente (Regola 9:2) si verifica. E coloro che raccontano queste cose sono chiamati dalla Toràh: "Motzì Shem Ra" ~ "coloro che tirano fuori un cattivo nome" (vedi inoltre Lashon harà - regola 1 e regola 5), perchè persino se la cosa fosse assolutamente vera, mancano i presupposti per raccontarla.
[Inoltre tali persone rendono anche peccatori i più, perchè si affrettano a raccontare cose negative e farsi scherno di fatti e persone. All'inizio cominciano per non sentirsi "da meno" rispetto agli altri che raccontano già queste cose (non che questo sia un permesso comunque così stanno le cose), e poi si abituano a tenere questo atteggiamento. Com'è riportato nella Ghemarà (in Massekhet 'avodàh zaràh 18 'amud bet) "Se è andato (secondo il consiglio dei malvagi) - arriverà a rimanerci, se è rimasto - arriverà a risiedervi" Quindi una persona deve stare molto attenta a evitare di frequentare queste compagnie. Perchè stanno correndo verso cose negative, e il rischio (quasi sicuro) è di rimanerci, chas veshalom, in mezzo. E così dicono i chakhamim (Eduyot 5:6) "Meglio che una persona sia considerata pazza per tutti i suoi giorni, e non sia malvagio neppure un istante davanti ad HaShem."
E così è vietato anche parlare male delle azioni dei padri di una determinata persona, come spiegato precedentemente nella regola 4.

Situazione “Società” (2/2)


3. E’ vietato dare un consiglio che si sa essere cattivo, perché si trasgredisce il divieto di “VeLifnè iver Lo Titten Mikhshol” ~ “Davanti ad un cieco non porre inciampo” (ossia davanti a chi è cieco sul problema). Quindi anche consigliare a qualcuno di mettersi in società con una persona non molto adatta per la cosa, oppure problematica, contravviene a questo ed altri divieti. E’ quindi vietato consigliare un socio oppure uno shidduch non adatto.

Situazione "Società" (1/2)


Situazione “Società”
1.     Se una persona (Reuven) si vuole mettere in società con un altro (Shimon) di cui non conosce bene i cattivi atteggiamenti, è necessario avvisarlo della questione prima che si metta in società, a condizione che siano verificate tutte le condizioni viste nella Regola 9 delle regole della Rechilut. Nel caso però Shimon sia solo in una situazione economica difficile, è vietato rivelarlo (vedi nota)
2.     Se si è già messo in società, allora dipende tutto da come le sue parole potrebbero essere accettate: (a) se portano solo sospetto e attenzione a controllare tutto ciò che il socio fa, allora è possibile e doveroso dirlo, a condizione che si verifichino tutte le condizioni citate nel punto precedente. (b) nel caso invece sappia che gli crederebbe senza ombra di dubbio e non sospetta soltanto, è vietato rivelarlo. In particolare se ciò porterebbe lo scioglimento della società.

Rechilut 9.9 - "Merce messa da parte"


15.     Un altro caso che si trova spesso è quello della “merce messa da parte”. Ossia spesso capita che una persona scelga della merce e chieda che venga messa da parte, affinché abbia il tempo di andare a ritirare soldi e pagare poi in un secondo momento. Nel mentre arriva qualcun altro che vorrebbe quella merce, e insiste affinché gli venga venduta nonostante sia già di qualcun altro. Pur commettendo questo “insistente” una grave averà, quello che succede a questo punto è che il primo compratore arriva e chiede dov’è la merce. Il venditore dice a quel punto “Reuven ha insistito tanto che mi ha buttato i soldi davanti e si è preso la merce. Ho dovuto cedere.” Qui il venditore, rivelando il nome dell’ “insistente” trasgredisce il divieto di “rechilut”. Ancora maggiore è la trasgressione nel caso in cui l’insistenza non fosse stata troppa, ma gliel’ha venduta per un motivo suo di convenienza. Oppure nel caso si fosse sbagliato e l’ha venduta per errore, e per coprire l’errore racconta questa storia come frottola.
Cosa dovrebbe fare dopo aver errato e venduto a quest’altro? Dire semplicemente “Senti ho commesso un errore, e l’ho venduta a qualcun altro” senza specificare assolutamente di chi si tratti.

B”H abbiamo completato le Regole generali sul Lashon harà e sul rechilut. Seguono alcune situazioni nel dettaglio.

Rechilut 9.8 - Non sono stato io


14. Non sono stato io. Se viene fatto qualcosa di poco piacevole a Reuven – ma non si è saputo chi l’ha provocato. Se Reuven viene da Shimon e gli chiede: “Chi è stato?”, persino se Shimon capisce che Reuven lo sospetto è vietato dirgli l’artefice, a meno che non siano presenti tutte le condizioni viste precedentemente. Persino se l’ha visto con i suoi occhi, ma può rispondere “non sono stato io”. (vedi nota)

14 (nota) Votazione. Solo si stia attenti, la facilitazione di poter dire “non sono stato io”; non è valida nel caso in cui ci fosse una votazione e anche lui era tra i votanti (nonostante abbia votato contro e non fosse d’accordo). Chiaramente nel caso dei votanti è vietato raccontare come sono state le votazioni e come ognuno ha votato.

Rechilut 9.7


13. Tutto ciò (10-12) è valido se conosce la natura del “truffato” come una persona che fa le cose secondo la Toràh. Quindi quando si trova “truffato” porta l’altra parte al Bet Din ~ Tribunale rabbinico, e segue il Din Toràh ~ giudizio della Toràh. In caso invece sa che si farebbe giustizia da solo, non pagando o restituendo la merce allora sono necessari ancora quattro condizioni (oltre alle precedenti 5 viste nel punto 12) per non incappare nel divieto di rechilut:

f. Risaputo direttamente. Chi racconta dell’ Onaàh deve essere a conoscenza in modo diretto e non per sentito dire da altri. In caso l’abbia sentito da altri è vietato raccontare.
g. 2 e non 1. E’ necessario che ci siano due persone che raccontino al “truffato” la cosa, e non solo una.
h. Danno uguale. Bisogna stare attenti che non arrivi al venditore un danno economico maggiore di quello che gli avrebbe inflitto il bet din. Nel caso invece conoscano la natura del “truffato” che cercherebbe di ottenere di più, in tal caso è vietato raccontargli qualsiasi cosa sull’argomento.  
i. Permesso del Bet din. Quando si ha una questione economica si è tenuti ad andare al bet din per prendere provvedimenti. Quindi è necessaria l’autorizzazione del bet din per poterlo “scavalcare”.

Quindi comprendi bene quanto sia un comportamento errato quello che spesso si vede oggi. Quando una persona compra un oggetto non solo non gli si dice “che bello” (come invece bisognerebbe fare). Al contrario, gli si dice “quello ti ha truffato!” senza verificare se effettivamente sia così, se è entro la possibilità di un guadagno maggiorato, oltretutto il prezzo del mercato può cambiare spesso in breve tempo. Questo ad aggiungersi le 9 condizioni citate finora. Senza contare che chi parla per odio, aggiunge altre trasgressioni a quelle che già fa, dicendogli ad esempio “sbattigli in faccia la sua merce!”; “Ti vergogni? Manda qualcuno!” “Se non vuole riprendersela, non pagare!” (e spesso è vietato farlo, quindi si trova che contravviene al divieto di rubare e di trattenere denaro non suo, che avrebbe dovuto pagare). Oltre al rischio che arrivino a litigare tra di loro.
Quindi puoi vedere quante trasgressioni compie chi va a raccontare la cosa. Perciò è necessario fare molta attenzione alla questione.

Rechilut - Regola 9.6


12. Per dover raccontare (e poterlo anche permettere) è necessario però che si verifichino le seguenti condizioni:
a. Le cose come stanno. Si raccontino le cose come stanno, senza esagerazioni.
b. Verità & Utilità. Il fine fondamentale dev’essere raccontare la verità e cercare di aiutare il danneggiato, ossia ricercare la sua utilità, e non essere contenti della perdita del danneggiante, persino se sa che è un “truffatore”. Dev’essere inoltre certo che ci sia possibilità che ci sia un’utilità nel racconto, perché altrimenti non c’è nulla da raccontare. Ad esempio nel caso sappia che il “truffatore” sappia portare le cose in tribunale tirando per le lunghe oppure ottenendo “favori”. Ciò che otterrebbe in questo caso è solo “appesantire il cuore” del truffato ulteriormente.
c. Ammonimento. Se pensa che sia possibile che il “truffatore” ascolti qualche ammonimento, allora lo ammonisca e non racconti la questione.
d. Non c’è altra strada. Se c’è un altro metodo per ottenere lo stesso fine senza dover raccontare la questione, è vietato raccontare.
e. Il Truffato è un pettegolo. Se il “truffato” ha una natura da pettegolo, non è scontato che si possa raccontare alcunchè. Quindi solo nel caso in cui stima che starebbe con la bocca chiusa dopo aver ricevuto l’avviso, anche dietro avvertimento di non raccontare oltre la questione, è possibile avvisarlo.

Rechilut Nona Regola.6


11. Se la persona da avvertire è già stata “truffata” si entra in questioni relative alle regole di Onaàh. (vedi alachà precedente) L’ Onaàh consiste nel vendere ad un prezzo molto superiore a quello che dovrebbe essere. Un tempo questo era considerato 1/6 in più del valore della merce. Oggi è necessario verificare presso un posek alachà esperto in queste norme. Quindi se si applica l’ Onaàh e non è passato il tempo per cui è già “caduta in disuso” la possibilità di richiedere la differenza, è necessario dire al “truffato” la questione. Nel caso invece sia passato il tempo oppure l’ Onaàh sia limitata in un margine plausibile alachicamente non è possibile dirglielo e trasgredirebbe dicendoglielo il divieto di rechilut. Persino se il “truffato” glielo chiede esplicitamente non può rispondergli in modo veritiero. In particolare se vede che il “truffato” non pagherebbe più ciò che gli rimane da pagare in base alle sue parole. Quindi solo ed esclusivamente nel caso in cui dal punto di vista alachico possa riottenere i soldi, lo si deve avvertire. Altrimenti è assolutamente vietato.

Nona regola.5


10. Essendo semplice inciampare nel divieto di rechilut, è il caso di esaminare alcune situazioni in modo esplicito, da cui poter imparare come comportarsi. Se si vede che una persona vuole entrare in un negozio per comprare qualcosa, e si nota che si tratta di una persona ingenua, e si sa che il proprietario del negozio si approfitta di persone del genere sia per vendergli merce scadente che per truffarlo con misure e pesi falsi, bisogna avvisare tale potenziale cliente, persino se ha già concluso con il venditore che comprerà da lui. Tanto più bisogna avvisarlo nel caso in cui sa esplicitamente che il commerciante lo sta imbrogliando. Ad esempio se gli dice che una merce è molto pregiata e lui sa benissimo che non è così, bisogna assolutamente avvisarlo verificando prima che siano presenti tutte le condizioni riportate al punto 2. Nel caso però la differenza che vuole ottenere il commerciante è minore di un sesto del valore totale della merce, è possibile che non bisogna dirgli niente. Se si tratta di pesi o misure false bisogna sicuramente avvertirlo.

Nona Regola.4


7. Se una persona vuole raccontare a qualcuno che una terza persona l’ha derubato o le ha procurato un danno, prima di farlo deve constatare accuratamente se siano presenti tutti le condizioni riportate in precedenza (nel punto 2) e deve anche averla ammonita senza ottenere alcun effetto positivo.
8. Se sussistono tutte le condizioni riportate, bisogna raccontare la cosa anche se la persona che ha subito i danni non vuole saperla. Nel caso in cui non sussistono, è vietato raccontare la cosa perfino se l’amico lo pretende.
9. Se vuole raccontare la cosa ad altre persone (e non al diretto interessato che ha subito un danno), trasgredisce il divieto di rechilut, deve fare attenzione a tutte le condizioni di cui abbiamo parlato in precedenza.

Nona regola.3


5.-6. - Il permesso di cui abbiamo parlato nei punti 1 e 2, vale solo nel caso in cui le due persone ancora non hanno concluso l’accordo in modo definitivo ma ne hanno solo parlato.
- se invece l’accordo è già definitivo, se si pensa che rivelando la cosa, chi la ascolta non procurerà un danno alla persona di cui si parla, ma starà solo attenta a non subire lei stessa un danno, allora è permesso rivelarla. Però, se si sa che raccontando i fatti la persona di cui si parla subirà un danno, per esempio se si decidesse di sciogliere l’accordo effettuato o se fosse licenziato, è vietato raccontare i fatti senza a vere il permesso di un bet din.

Nona regola.2


3.     -  4. – una persona che sente che qualcuno minaccia di menare qualcuno, farlo vergognare o fargli del male, se si tratta di una persona che ha già fatto cose del genere diverse volte, o che si capisce che non minaccia tanto per farlo, bisogna rivelarlo alla persona cui vuole fare del male, ma non dimentichi di controllare che siano presenti le condizioni viste nel punto precedente (2).
-          Questo vale solo nel caso in cui si sia ammonito colui che minaccia di compiere le azioni spiegate in precedenza e non abbia ascoltato, oppure nel caso in cui si pensi che l’ammonimento non serva, ma in generale bisogna ammonirlo.
-          Non bisogna affrettarsi a raccontare il fatto prima di aver riflettuto profondamente se il raccontarlo possa aiutare. Per esempio attraverso il fatto che chi è stato minacciato stia attento a non farsi danneggiare o a farsi umiliare. Però, se raccontando il fatto si ottiene solo di far aumentare l’ira della persona minacciata, al punto che andrà lei stessa per prima a litigare con chi l’ha minacciato, così da creare una machloket ancora peggiore, in tal caso è vietato raccontargli della cosa. 

Rechilut - Nona Regola



1.       Una persona che vede che un suo amico vuole mettersi in società con qualcuno, oppure assumere qualcuno, e sa con certezza che riceverà male da quello che vuole fare, deve dirglielo, così da salvarlo. Bisogna fare attenzione a non basarsi subito su questo permesso, bisogna prima controllare che sussistano le cinque condizioni riportate qui di seguito.
2.       – controlli approfonditamente che la persona potrebbe ricevere del male dalla cosa
-          Non esageri la negatività dei fatti
-          Quando glie lo racconta, abbia l’intenzione di farlo solo a fin di bene, ossia di evitare che l’amico subisca un danno e non perché odia l’altra persona. A condizione che chi ascolta stia effettivamente a sentire e si comporti di conseguenza
-          Non c’è altro modo di raggiungere lo stesso scopo
-          L’altra persona non subisca danni se non quello di non diventare socio dell’altra persona.

Rechilut Ottava Regola.3 - Rivelare segreti

5.       E’ necessario nascondere i segreti che sono stati confidati, nonostante possa non esserci un problema di rechilut nel rivelarlo. Perché in generale è un danno rivelare segreti, poiché chi l’ha detto come segreto voleva che tale rimanesse.

Rechilut - Ottava Regola.2


1.       Così bisogna stare attenti quando si chiede al prossimo di fare un favore, e quello gli risponde che non può, non gli si chieda: “Perché invece a Reuven l’hai fatto? Lui stesso me l’ha raccontato!” Perché capiterà di conseguenza che quest’ultimo ce l’abbia poi con Reuven che è andato a raccontare le cose.
2.       Ci sono anche altre cose che ricadono nella categoria di “Avak Rechilut”. Ad esempio se riferisce a Reuven una cosa detta da Shimon che non è in sé una cosa negativa, ma solitamente una persona se la prende un po’ se glielo dicono in faccia.

OTTAVA REGOLA - Avak rechilut



OTTAVA REGOLA -  Avak rechilut
1.       Molte cose ricadono nella avak rechilut (polvere di rechilut). Pertanto facciamo qualche esempio Be”H e il lettore capirà ragionandoci sopra. Se una persona chiede informazioni su qualcuno e gli viene risposto: “Silenzio! Non voglio dire ciò che è stato e cosa sarà” e simili, in cui c’è un allusione che le cose non siano a posto è “avak rechilut”.
2.       Quando una persona loda qualcun altro in un luogo in cu è possibile lamentarsi invece di qualche aspetto ricade nell’avak rechilut. 


Rechilut - 7.4

5. Sulla possibilità di accettare come vero la rechilut, si seguono le stesse norme della lashon harà (Regola 8:13-14) Perciò è necessario stare molto attenti in particolare nel caos la senta da qualcuno, persino fosse sua moglie. Inoltre dall’accettare la rechilut di sua moglie, si provoca anche il danno che lei, vedendo che il marito l’ascolta, continui a raccontargli pettegolezzi ulteriori, portandolo spesso ad incollerirsi, stare male e sentirsi depresso. Perciò è molto corretto che il marito spieghi alla moglie di evitare di raccontare queste cose. 

Rechilut 7.3


1.       Persino se dice di non rivelare oltre la cosa ricade nel divieto di rechilut. In particolare se lo rivela a persone vicine al soggetto.
2.       Anche dire rechilut su ebrei davanti a non ebrei è vietato. Anzi in tal caso il divieto è ancora più grave, essendoci la possibilità che si arrechino dei danni di conseguenza oltre al chillul haShem.

Rechilut - 7.2

2. Il divieto di rechilut si applica su tutto il popolo d’Israel. Il peccato è più grave se si tratta di un talmid chakham. Per diversi motivi, tra cui:
a.       se è un talmid chakham effettivamente, se ha fatto qualcosa che apparentemente davvero non va, probabilmente c’è un motivo per cui l’ha fatto per cui è possibile giudicarlo in modo favorevole.
b.      La Toràh ci ha prescritto di onorare i Talmidè Chakhamim più di quanto dobbiamo già onorare ogni singola persona ed attaccarci a loro. Ad esempio, facendo affari con loro, dargli da sposare la propria figlia, onorarli. E parlare male di un talmid chakham provoca l’esatto contrario di ciò.
c.       Quando una persona racconta rechilut di qualcosa commesso da una persona semplice, ci sono delle reazioni. Ma quando la stessa cosa viene raccontata su un talmid chakham le conseguenze sono peggiori solitamente, e si può arrivare a fare danni molto maggiori. 

Rechilut 7.1 - Dettagli sul divieto di raccontare Rechilut


RECHILUT REGOLA 7 – Dettagli sul divieto di raccontare Rechilut
Il divieto di rechilut si applica sia se chi racconta sia uomo o donna, parente o non. Persino se ha sentito raccontare male di suo padre, sua madre o il suo maestro, è vietato andarglielo a dire, perché è incluso nel divieto di rechilut. E così non cambia se il soggetto è uomo o donna, grande o piccolo. (cfr. Lashon harà Regola 8:1-3) E c’è chi inciampa su questo divieto. Ad esempio: ha visto due ragazzini menarsi. E racconta al padre di uno dei due (anche se sa che suo figlio è effettivamente la vittima) della cosa. Ciò che succede è arrecare altro danno, ad esempio che il padre di questo va a menare a sua volta il ragazzo e si trova che i due padri stiano in lite. Tutto ciò causato da chi ha raccontato la questione, che si fa onere di tutti i peccati che conseguono. E’ possibile raccontare una cosa del genere solo se presenti tutte le condizioni che verranno spiegate Be”H nella regola 9.

Rechilut 6.5

10. In base a quanto visto possiamo vedere quanto le persone inciampano sul divieto. Se una persona subisce lashon harà con “Devarim Nikkarim” molti “pensano” (erroneamente) se sparlano di me, posso sparlarci anch’io. Di conseguenza incappano nell’errore sotto diversi aspetti:
a. La norma sussiste solo se c’è utilità per il futuro, cosa che non c’è solitamente quando si racconta di nuovo.
b. Qui inoltre il secondo racconto avviene solo per vendetta, cosa vietata sicuramente (Choshen Mishpat 388 – Hagà 9)
c. Può parlare solo se vede coi suoi occhi la questione, e qui non ha visto nulla.
d. Abbiamo visto nell’alachà precedente (9e) che è vietato tornare a raccontare la cosa.
e. Tanto più è vietato provocare un danno a qualcun altro, persino se ha un’utilità nella cosa.

Rechilut 6.4

8. Chi sente un racconto ingenuamente anche in tal caso è vietato accettarlo come vero. Segue le stesse norme della lashon harà (vedi Regola 7 Punto 9)

9. Devarim Nikkarim – nel caso in cui siano dei devarim nikkarim ~ cose evidenti nel racconto, segue le stesse norme della lashon harà (regola 7:10-14). Il sunto delle norme principali:
a. Non dev’esserci alcun modo per giudicare tali cose in modo favorevole. Perché in caso contrario è necessario giudicarle in modo favorevole.
b. La cosa dev’essere palesemente evidente.
c. Chi racconta deve aver visto le cose in prima persona, e non averla sentita da altri.
d. Ci dev’essere necessariamente un’utilità per il futuro. Altrimenti è vietato ascoltare.
e. E’ permesso solo accettare e credere a ciò che si è sentito, ma non raccontarlo in giro e tantomeno provocare un danno alla persona di cui si parla. (vedi Lashon Harà – Regola 7 Punto 14)

Rechilut 6.3 - Non credere a tutto ciò che ti dicono, anche se non mentono...

5-7 Ai tempi del Talmud c’era la possibilità di credere in alcuni casi ad una persona fidatissima, che non dice mai neppure un briciolo di menzogna, ed è tanto attendibile quando due testimoni in tribunale. Anche in quel caso vigevano determinate norme particolari. Ma oggi non sono valide, perché i poskim sono d’accordo che oggigiorno non c’è da considerare una persona a quel livello. Pertanto, anche per una persona fidatissima, non è possibile credergli se racconta della rechilut, ma solo sospettare della cosa. Così bisogna stare attenti, perché molti cadono nel tranello dello yetzer harà, e pur non accettando da chicchessia lashon harà e rechilut, dai propri genitori o dai propri partner la ricevono pensando che sicuramente non gli mentirebbero mai.  In base a quanto visto è sicuramente un errore. (cfr. inoltre Regole sulla Lashon Harà Regola 8:14, e successivamente Regola 7:5)

Rechilut 6.2

3. Se ha ricevuto un danno economico e non sa la causa non può sospettare che un ebreo che abbia sparlato di lui. Ad esempio se il boss gli ha cambiato ruolo o l’ha licenziato, e non sa se l’ha fatto di sua iniziativa oppure se qualcuno gli ha sparlato dietro, non può sospettare di un ebreo (a meno che non ci siano devarim nikkarim – come spiegato successivamente Be”H; in tal caso è possibile decidere che la cosa sia vera, ma non provocare al prossimo un danno per questo) perché non si sospetta che una persona sia un rasha ~ malvagio. Persino se ha sentito dire che Reuven gli ha provocato il danno, non può crederci, ma solo sospettare che la cosa sia vera. Persino se ci sono state liti per la questione, sia stato diffamato in pubblico e sia stato zitto, non è possibile crederci.
4. Persino se ha sentito la rechilut da più di due persone, è vietato crederci. La stessa cosa vale se circola su di tale persona una voce in città che ha fatto tali cose, o ha detto qualcosa. Persino se l’intenzione di chi racconta è l’utilità futura di chi ascolta è vietato crederci (ma è possibile e doveroso sospettare) poiché nel momento in cui hanno raccontato rechilut sono considerabili nello status di reshaim ~ malvagi a cui è vietato credere.

Rechilut - Regola 6.1 - Rechilut in pubblico e davanti alla persona in questione

REGOLA 6 – Se è vietato ricevere Rechilut dopo che è stata fatta dinnanzi a tre persone oppure davanti al soggetto della rechilut e altre norme.

1. E’ vietato accettare come vera la Rechilut persino se chi racconta ha raccontato la cosa in modo pubblico davanti a diverse persone. In ogni caso non bisogna decidere per questo che la cosa sia vera, ma c’è da sospettare e verificare nel caso la cosa gli tanga effettivamente.

2. E’ vietato accettare come vera la Rechilut persino se viene fatta dinnanzi al soggetto in questione. Persino se non replica, nonostante solitamente sia solito replicare. Esattamente come visto nelle alachot di lashon harà.

Rechilut Regola 5.4

6. Persino se una persona sa che è vero ciò che gli hanno raccontato di una persona che ha detto determinate cose, ed è possibile giudicarla in qualche modo favorevole, è necessario fare così. (Vedi successivamente Regola 6:3)

7. Se ha trasgredito il divieto di accettare come vera la rechilut che gli è stata detta, per aggiustare la cosa deve estirpare dal proprio cuore ciò che gli è stato detto e non crederci. Persino se gli risulta difficile, pensi che forse chi ha raccontato la cosa ha aggiunto di testa sua o tolto qualche dettaglio da come sono andate davvero le cose, oppure ha cambiato il tono, per cui la comprensione della cosa è cambiata. Inoltre accetti su di sé in futuro di non credere a ciò che gli viene raccontato, sia essa lashon harà, sia essa rechilut. Faccia quindi il Viddui ~ confessione dei peccati sulla cosa. Così aggiusterà ciò che ha trasgredito se ancora non ha raccontato la cosa a terzi.

Rechilut Regola 5.3

5.         Da quanto detto è possibile comprendere meglio che ci sono alcune cattive abitudini che bisogna perdere. Ad esempio chiedere che è successo di qualcuno anche se non ne avranno alcuna utilità in futuro. Quando si arriva a non volerglielo raccontare, insistono finché non vengono a sapere le cose. Molto spesso inoltre accettano le cose come fossero vere sicuramente, arrivando a non sopportare più la persona di cui si parla. Se arriviamo a contare tutte le trasgressioni che fanno, un libro è troppo breve. Rileggi l’INTRODUZIONE in cui trovi i divieti in forma generale, e riflettici.

Quinta Regola.2

3. Nel caso veda in modo chiaro che Reuven vuole danneggiarlo nel corpo o nel patrimonio, persino se non ha sentito finora qualcosa del genere da nessuno, è possibile chiedere informazioni sulla questione. 
Può chiedere in giro se qualcuno sa se Reuven vuole danneggiarlo in queste questioni, per sapere come potersi difendere. E non deve aver timore che attraverso questa ricerca gli raccontino qualcosa di male su Reuven.

4. Sappi inoltre che valgono nelle questioni di rechilut tutte le regole che abbiamo trattato nelle alachot di lashon harà (Regola 6). E’ necessario quindi stare molto attenti quando sente qualcosa a con credere effettivamente a ciò che gli viene detto, ma solo sospettare la cosa. E’ quindi vietato agire di conseguenza a ciò che gli viene raccontato, provocando danni o non sopportando la persona in questione. Inoltre deve continuare a fare il bene che è tentuto a fare su ogni cosa riguardo i benè Israel (Zedakà, chesed). Ciò che è permesso è solo sospettare al fine di prevenire sul futuro, ma non provocargli danno chas veshalom, cosa completamente vietata.

Quinta Regola - Sul divieto di accettare e sentire Rechilut e come correggere il peccato se chas veshalom ci è incappato

RECHILUT – QUINTA REGOLA – Sul divieto di accettare e sentire Rechilut e come correggere il peccato se chas veshalom ci è incappato.


1. Esattamente come la Toràh vieta accettare parole di Lashon harà, così vieta di accettare ciò che viene detto come rechilut. Quindi è vietato credere in cuor proprio che ciò che viene raccontato sia vero. Colui che crede alla rechilut che gli viene raccontata trasgredisce il divieto di “Lo Tisà Shema Shav” oltre ai vari divieti che si aggiungono alla questione, come spiegato in maggior dettaglio nella Prefazione. Il divieto è tanto grave che su ciò viene detto (Yerushalmi Pea 1:1, Arachin 15b) Tre vengono uccisi dal Lashon Harà – chi la racconta, chi la riceve, e il soggetto del racconto. Similmente (Maccot 23a) Colui che racconta Lashon Harà (o rechilut, come si deduce dal versetto portato dalla ghemarà) è idoneo ad essere buttato tra i cani (per essere mangiato) come troviamo l’accostamento dei versetti (Shemot 23,1; 22, 30).

2. Nel caso gli venga raccontata una cosa che lo tange direttamente, ad esempio vogliono raccontargli che Reuven vuole danneggiarlo, è possibile ascoltare al fine di sospettare e stare attenti alla possibilità che si verifichi la cosa, ma è vietato crederci effettivamente. Quindi è permesso sospettare, ma è vietato crederci. Vedi inoltre le alachot sulla Lashon Harà Regola 6 in cui abbiamo trattato lungamente la questione dell’ascoltare la lashon harà.

RECHILUT – QUARTA REGOLA

1. È vietato raccontare rechilut anche se la persona a cui si rivela già sapeva che avevano parlato male di lui o che si erano comportati male nei suoi confronti. Perché così facendo, si risveglia l’odio di chi ha subito la cattiva azione nei confronti di chi l’ha commessa. Oppure perché potrebbe riesaminare quanto accaduto trovando nuovi “spunti” per odiare chi si è comportato male nei suoi confronti.
2. Se Reuven ha parlato male di Shimon di fronte ad altre due persone, e una di queste due va a rivelare a Shimon che Reuven ha parlato male di lui, all’altra persona è vietato andare anch’essa da Shimon per dirgli che Reuven ha parlato male di lui. 3. Se una persona a trasgredito il divieto di rechilut e vuole fare teshuvà, deve chiedere scusa alla persona su cui ha sparlato e fare teshuvà nei confronti di HaShem (maggiori dettagli in hilchot lashon harà regola 4 punto 12).

Rechilut - Terza Regola.2

2. Se Reuven dice a Shimon davanti a Levi, e Levi racconta a Shimon ciò che Reuven dice su di lui, è vietato a Shimon andare a dire a Reuven: “Come hai osato dire così a Levi di me?” perché in tal modo anche Shimon trasgredisce il divieto di rechilut. Persino se Shimon non ricorda Levi esplicitamente, ma comunque Reuven intende che si tratta di Levi, allora si trasgredisce comunque il divieto. E molti purtroppo cadono in questo caso (non sapendo la alachà)

3. Il divieto di rechilut vale persino se la questione raccontata tange alla persona cui si racconta. Tanto più se non tange. Persino se dice di non raccontare in giro la cosa, in ogni caso è vietato. Rientra in questa categoria il divieto di raccontare su ciò che è stato detto su un parente o su un figlio o sui genitori.

4. Se c’è un utilità nel raccontare la cosa, ad esempio se chi sente può ammonire il soggetto del racconto è permesso raccontare a condizione che si siano verificate tutte le condizioni necessarie, che abbiamo visto nelle hilchot lashon harà (Regola 10:5-6)

Rechilut - Terza Regola

1. Il divieto di Rechilut si applica anche su ciò è completamente vero. Persino se sa che avrebbe detto la stessa cosa dinnanzi alla fonte di ciò che racconta. Tanto più è vietato fare sfacciataggini e dire davanti alla fonte: "Tu hai detto così su di quest'altro", caso in cui il suo peccato è molto più grave.

Rechilut - seconda regola.2


3.       C’è chi dice che se qualcuno ha parlato negativamente di un’altra persona di fronte a tre persone, se una di queste tre va a dire al diretto interessato ciò che è stato detto su di lui, la cosa non costituisce rechilut. Questo perché ognuno ha un amico a cui riparlare, ed è chiaro che prima o poi quello che si è detto arriverà alle orecchie della persona in questione. A questo proposito si guardi quanto scritto nelle “ilchot lashon harà” alla regola 2 dal punto 4 in avanti.
In pratica però, si stia attenti a NON COMPORTARSI SECONDO QUESTA REGOLA. Il Maarshal, nel suo commento al Sefer Mizvot Ghedolot, scrive che molti rishonim (fra cui Rambam, Sma”g e Tosafot), sono totalmente in disaccordo con questa opinione, perfino di raccontare quanto sentito a qualcun altro e tanto più al diretto interessato.
4.       Se un socio decide di interrompere la collaborazione con l’altro socio per associarsi con altre persone, ma in finale non è riuscito nel suo intento, è vietato raccontare la cosa al socio iniziale, perfino se è stato detto di fronte a tre persone. Questo perché potrebbe accadere che a causa di quanto raccontato, sia arrecato dispiacere al socio originale, o si decida di annullare la collaborazione.
Analogamente, è vietato raccontare di un fidanzato che voleva interrompere il suo shidduch, o di un Rav di una città che è in cerca di un’altra città in cui essere Rav.

RECHILUT – SECONDA REGOLA



1.       È  vietato raccontare rechilut davanti a un signolo, e tanto più è vietato raccontare rechilut di fronte a molte persone.
2.       È vietato raccontare “polvere di rechilut” in tutti i modi possibili. Anche nel caso in cui si racconta a qualcuno che qualcun altro ha raccontato qualcosa su di lui, se lo si racconta dando ad intendere che era qualcosa di negativo sul suo conto, è vietato raccontarlo.
Anche se racconta in modo da poter intendere le sue parole con accezione positiva, gli è vietato raccontarlo se sa che l’interlocutore è una persona che giudica sempre il prossimo negativamente, o se sa che fra le due persone c’è dell’astio.

Rechilut - prima regola.6


10. E’ vietato raccontare rechilut in modo ingannevole. Ad esempio, se si parla con qualcuno e gli si ricorda, facendo finta di raccontare così per caso come se non sapesse chi è l’autore del fatto, del male che qualcuno ha commesso contro di lui. In questo modo, l’interlocutore si ricorda del fatto e di chi è stato a procurargli del male. È assolutamente vietato raccontare un racconto del genere o simili.
11. Il divieto di raccontare rechilut rimane tale sia che lo si faccia oralmente che per scritto. È altresì vietato dire a qualcuno che qualcun altro ha parlato male della merce che vende.

Rechilut - Prima Regola.5

8. Se ad una persona viene chiesto di rivelare ciò che hanno detto su di lui, se ha la possibilità di dirlo senza che non ci sia nè menzogna completa nè rechilut, allora risponda senza dire menzogna. Nel caso non fosse possibile, allora meglio che menta per darkhè Shalom ~ questioni di armonia. Stia attento comunque a non giurare su una cosa del genere.

9. Incluso nel divieto di rechilut troviamo anche l'allusione. Anche se non nomina chi ha (s)parlato di lui, ma è intendibile, oppure è possibile arrivarci, è vietato.

Rechilut - Prima Regola.4

6. Perfino se a causa del fatto che non racconta rechilut avrà un grosso danno, ad esempio che possano arrivare a sospettare di lui e licenziarlo dal posto di lavoro, e così non avrà ל"ע di cosa sostentare la sua famiglia, gli è vietato raccontare rechilut. 
Solo nel caso in cui ci sia un’utilità, ad esempio quella di risolvere il problema e far smettere il litigio, è permesso rivelare la cosa in base ad alcune condizioni che verranno riportate in seguito, alla nona regola. 

7. Se per il fatto di raccontare rechilut non si subisce nessun danno, ma si verrà solo presi in giro e derisi, o maledetti, non c’è alcun dubbio che sia vietato raccontare la rechilut (e si sappia che per merito di ciò, nella vita futura si sarà considerati fra coloro che amano HaShem Itbarach e il proprio volto risplenderà come la luce del sole).

Rechilut - Regola 1.3

4. Il divieto di Rechilut vale persino su ciò è vero al 100% senza mescolare neanche una più minima menzogna. Ricade nella rechilut spettegolare di una persona sia che l’interlocutore gli voglia bene, che non lo sopporti. 

5. Non c’è differenza se racconta di sua volontà oppure sotto pressione da altri, in ogni caso è vietato raccontare ciò che Reuven ha detto su Shimon. Persino se la pressione giunge dai suoi genitori oppure dai suoi mestri. Persino se si tratta di un caso di avak rechilut ~ polvere di rechilut (che saranno spiegate Be”H nella regola 8 delle regole della Rechilut)

Rechilut - Regola1.2


3.       Il divieto di Reçhilut è valido persino se non intende inserire odio (o non sopportazione) sulla persona di cui parla, persino se ha detto o ha fatto le cose in modo corretto. Ad esempio – Tizio ha ammonito Caio su ciò che ha detto su di lui o che gli ha fatto. Caio si scusa dicendo che “anche Sempronio ha detto così di te”. SE stima che in questo caso tizio sopporterà meno Semprionio – Reuven è chiamato Rachil (spettegolatore) ed è vietato dire ciò.

HILCHOT RECHILUT, prima regola



1.       Chi spettegola sul prossimo, trasgredisce il divieto esplicito nella Toràh che dice “Non andare spettegolando nel tuo popolo”. Questo è un peccato molto grave e a causa di questo peccato molte persone ebree vengono uccise. Per questo motivo, chi trasgredisce questo divieto, trasgredisce anche quello di “non rimanere inerme per il sangue del tuo compagno”. Inoltre si inciampa in numerosi altri precetti da compiere e trasgressioni da evitare, come spiegato all’inizio del libro.
2.       Un pettegolo è colui che riporta qualcosa da una persona all’altra, e va a dire ”Quella persona ha detto così e così su di te”, oppure “quella persona ti ha fatto così e così”. Questo vale perfino se il diretto interessato, quando sente quello che hanno detto o fatto contro di lui, non ritiene che ci sia qualcosa di male, è comunque rechilut (pettegolezzo) ed è una cosa vietata. 

Decima Regola.9

17. Se è accaduto qualcosa che non andava, e Tizio chiede a Caio: chi è stato a farlo? Perfino se Caio ha il presentimento che Tizio sospetta di lui, gli è vietato rivelare chi è il responsabile dell’accaduto, perfino se ha visto la cosa di persona. Deve rispondere di non essere stato lui, a condizione che attraverso questa risposta, Tizio non riesca a capire chi è stato. Se dalla risposta di Caio, si arriva a sapere per esclusione chi è stato (per esempio nel caso in cui il dubbio su chi sia stato sia fra due individui), c’è da fare una suddivisione per sapere come comportarsi: se è qualcosa che veramente non andava, sembrerebbe permesso dire di non essere stati. Però, se non è una cosa che non andava solo dal punto di vista di chi chiede, bisogna approfondire meglio per sapere se sia permesso dire di non essere stati. Quanto detto è il comportamento da tenersi secondo l’alachà stretta. Chi vuole comportarsi al di sopra di quanto richiesto dall’alachà stretta, è bene che si prenda la colpa, piuttosto che Tizio vada a chiedere all’altro sospettato se è stato lui, e quest’ultimo si vergogni. Oltretutto, viene riportato da Chazal, che ci sono stati Tannaim che si sono presi la colpa affinché non fosse scoperto un altro colpevole.

Decima Regola.8


15.   E’ necessaria molta ponderazione per capire come raccontare le cose, perché il rischio è di trovarsi nel terribile pericolo di raccontare lashon harà vietata. In particolare se è in collera con chi gli ha arrecato danno. Perciò se non sta bene attento a tutte le condizioni necessarie (vedi punti 2-4) trasgredirà, chas veshalom, il divieto di lashon harà.
16.   Una persona che racconta lashon harà sul prossimo con la scusa che “anche lui ha sparlato di me” è caduto in un errore enorme. Ciò per due motivi:
a.       E’ vietato credere a ciò che gli hanno raccontato, cioè che tizio ha parlato di lui.
b.      Sicuramente non ha alcuna intenzione ad avere un’utilità da ciò che racconta, ma solo a diffondere maldicenza sul suo prossimo perché ha sparlato di lui. (Beer Maim Chaim 41)

Decima Regola.7

13– 14. Se una persona gli ha fatto un danno (anche fosse economico) e stima che attraverso il racconto può avere un vantaggio in futuro è permesso raccontare ad altri a condizione che pensi che lo possano aiutare. Ad esempio nel caso in cui sa che possono ammonirlo e di conseguenza è possibile che restituisca il maltolto o risarcisca il danno. E così anche nel caso sia possibile evitare una possibile offesa o sofferenza vale lo stesso principio. A condizione che siano presenti tutte le condizioni nel punto 2-4.

Decima Regola.6


11.       Quando si subisce un torto (si è stati derubati o truffati) da qualcuno, bisogna stare attenti a non raccontarlo (anche se si è sicuri di raccontare esattamente la verità di quanto accaduto). In questo caso lo scopo sarebbe quello di mettere in cattiva luce la persona che ha commesso il torto agli occhi del pubblico e non quella di ottenere un’utilità: ossia che le persone disdegnino i malfattori e stiano attenti a non comportarsi come  loro.
12.   Tanto più bisogna stare attenti a non raccontare lashon harà quando non si è subito un danno vero e proprio. Per esempio se non si è ricevuto un favore (non gli hanno dato zedakàh, un prestito o ospitalità…). Se ci si lamenta per questo con altri, si sta sicuramente trasgredendo il divieto di parlare lashon harà (cfr regola 5.1) e altri divieti spiegati precedentemente.
Questo vale nei confronti di un singolo e tanto più nei confronti di un gruppo o di un’intera città (per esempio nel caso in cui non sia stato ospitato secondo lui con sufficiente kavod). Se si parla di più persone il peccato è molto più grave (a meno che non si racconti a qualcuno che ha la possibilità di rimproverare le persone per quanto accaduto, in tal caso si stia attenti che siano presenti tutte le condizioni del punto 2 e 3).

Decima Regola.5

9.       Se chi racconta è riconosciuto dal pubblico come persona integra, che non avrebbe problemi a dire ciò che dice anche di fronte al diretto interessato, se sa che l’interessato non accetterebbe il rimprovero può raccontare le malefatte compiute anche di fronte a meno di tre persone. In questo caso tutti saprebbero certamente che, una persona del genere, racconta ciò che racconta con l’unico scopo di  aiutare la vittima e di condannare di fronte al pubblico azioni che non vanno bene. Si stia attenti a quanto detto nel punto 8, e che siano presenti le 7 condizioni riportate all’inizio del capitolo.
10.   Le norme che riguardano il raccontare lashon harà per una trasgressione commessa nei confronti del prossimo o nei confronti di HaShem sono le stesse. Solo che una trasgressione di un peccato nei confronti di HaShem è vietato raccontarla ad altri, nonostante sussistano le condizioni riportate nel punto 2. Solo nel caso in cui sussistano tutte le condizioni e si è anche visto svariate volte che la persona trasgredisce volontariamente un’averà conosciuta da tutti come tale, è permesso raccontarlo.

Decima Regola.4


7.       – 8. Ciò che si è detto precedentemente nel punto 2 (ossia che bisogna rimproverare chi commette un torto, prima di raccontare lashon harà su di lui), vale per una persona normale, se si sa però che tale persona non accetterebbe il rimprovero, non bisogna rimproverarla. Si stia però attenti, quando si parla male di lei, di farlo di fronte a tre persone, così che la cosa sia considerata come se l’avesse gliel’avesse detta in faccia (perché una cosa detta davanti a tre persone è considerata alla stregua di una cosa pubblica in questo contesto), e non sia sospettato di mentire.
Però, se si teme che la persona di cui si dovrebbe parlare lashon harà, possa vendicarsi e fare del male a colui che vuole raccontare, si può facilitare e raccontare il torto che quella persona ha commesso anche non di fronte a tre persone. Si stia attenti che sussistano le condizioni di cui abbiamo parlato nei punti 2 e 3.
Chi ascolta la lashon harà, non può accettarla ma deve ricercare se la cosa è vera, e rimproverare chi ha commesso il torto, perché forse lo starà a sentire.

Decima Regola.3 - Raccontare di qualcuno che fa lashon harà!


5.-6.  Una persona che vede qualcuno parlare lashon harà, può raccontare pubblicamente la sua trasgressione, a condizione che si siano verificate tutte le condizioni viste precedentemente nei punti 2,3,4. Un’altra condizione è che la lashon harà raccontata sia già giunta alle orecchie del soggetto di cui si parlava lashon harà (altrimenti chi la rende pubblica trasgredisce il divieto di rechilut).
Nel caso sia evidente che c’è utilità nel rendere pubblica, c’è la possibilità di non necessitare la condizione precedente che la lashon harà sia già giunta alle orecchie del soggetto di cui si parlava lashon harà. In ogni caso sono necessarie tutte le condizioni precedentemente viste (2-4)
In ogni caso è vietato raccontare della lashon harà fatta al soggetto di cui si parlava; persino se parlava male di suo padre o dei del suo maestro di Toràh.
Un esempio pratico: se sa che la persona in questione potrebbe andare a raccontare la lashon harà ad altre persone ed è quasi sicuro che credano alla sua lashon harà, sicuramente è opportuno anticiparlo e raccontare loro che quella persona sta dicendo frottole. (A condizione siano presenti le condizioni precedenti 2-4)

Decima Regola.2 - Cosa significa "Buona Causa"?


3.       Condizione aggiuntiva e necessaria per il permesso di raccontare lashon harà visto sopra, è che la persona che racconta non sia anch’essa peccatrice sulle stesse trasgressioni come la persona di cui si parla. In caso lo sia, è vietato raccontare lashon harà e rendere pubbliche le trasgressioni del prossimo(perché la sua intenzione è solo di svergognarlo).
4.       Per una buona causa. Una delle condizioni che abbiamo visto precedentemente (punto 2) è di aver intenzione di raccontare per una buona causa e con uno scopo. Questo punto va spiegato meglio:
a.       Se coloro cui racconta possono aiutare il danneggiato – sicuramente è opportuno raccontare.
b.      Se non si raggiunge un aiuto per il danneggiato, ma chi racconta ha l’intenzione che coloro che ascoltano si allontanino dalla cattiva strada. Quando si sente che le persone disprezzano i malvagi, è possibile che il peccatore stesso faccia teshuvàh e sistemi le sue azioni. Anche ciò è considerata una buona causa.
c.       Se si stima che non ci sia alcuna utilità, perché anche le persone cui racconterebbe si comportano male e trasgrediscono la stessa questione tanto che non considerano per nulla la cosa come trasgressione, stia ben attento a non raccontare per nulla la questione.
d.      Non c’è differenza in tutte queste condizioni, se il danneggiato ha fatto richiesta di risarcimento o no; perché se è permesso parlare, persino se non ha fatto la richiesta è permesso; se è vietato (cioè non si sono verificate le condizioni riportate nei punti 2-3), persino se ha fatto richiesta di risarcimento rimane vietato.

Decima Regola


DECIMA REGOLA: LASHON HARA’ SU PRECETTI CHE RIGUARDANO NORME FRA L’UOMO E IL PROSSIMO
1.       Chi ha visto fare un torto, come rubare, danneggiare o far vergognare qualcuno, e sa certamente che chi ha rubato, o chi ha commesso il torto non ha riparato il danno, neppure chiedendo scusa, può raccontare il fatto ad altri, a condizione che voglia aiutare chi ha subito il torto, o che voglia che le azioni di quella persona siano viste come spregevoli agli occhi della gente, a patto che ci siano i seguenti presupposti (vedi punto due).

2.       (vedi punto uno)
– che abbia visto la cosa di persona, se la ha sentita da altri bisogna cercare bene quale sia la verità
-          Si concentri molto sulla cosa, per verificare se secondo la alachà stretta quello che è successo è considerato come rubare, come commettere un danno etc.
-          Deve prima rimproverare chi ha commesso il danno in modo dolce, forse sarà in grado di recepire il rimprovero e comportarsi di conseguenza.
-          Non deve esagerare il racconto più di quello che è, e se è a conoscenza di qualche aspetto grazie a cui l’avvenimento sembri meno grave agli occhi di chi ascolta, deve fare attenzione a non ometterlo.
-          Deve farlo solo per una buona causa e con uno scopo, e non deve godere del danno che viene fatto alla persona attraverso il racconto, e non deve farlo spinto dall’odio nei suoi confronti.
-          Se può raggiungere lo stesso scopo (ossia quello di far restituire ciò che è stato rubato o riparare al torto subito, o rendere spregevole il gesto che ha fatto quella persona) in un altro modo, è vietato parlare lashon harà sul quanto accaduto.
-          Non si causi un danno a chi ha compiuto l’azione spregevole, più di quanto ne avrebbe ricevuto se avessero testimoniato contro di lui al bet din.  

Nona Regola.3


     5.     Se si sentono i propri figli, ancora piccoli, parlare lashon harà, è mizvà sgridarli, affinché si allontanino da questo grave peccato.
Il padre deve educare i propri figli, fin dalla tenera età, ad allontanarsi dal peccato della lashon harà, e da tutti i peccati che si possono compiere parlando, tra cui mentire ed essere coinvolti o alimentare discussioni.
Uno fra i motivi per cui il peccato di parlare lashon harà è così diffuso, è proprio perché non si è stati educati fin da piccoli a fare attenzione a non parlare lashon harà,e si è abituati a dire tutto ciò che si vuole, quindi, una volta cresciuti, è molto difficile cambiare un’abitudine simile. Però, se il padre educa i propri figli a fare attenzione a non parlare lashon harà, a non mentire etc, quando cresceranno gli sarà molto più facile allontanarsi dal peccato di lashon harà e innalzarsi spiritualmente ricevendo grandi ricompense sia in questo mondo che in quello a venire.
6. Se qualcuno racconta qualcosa a un’altra persona, quest’ultima ha il divieto di raccontarlo a qualsiasi altra persona, a meno che non gli sia stato specificato che può raccontarlo agli altri, ovviamente a condizione che non si tratti di lashon harà.

Nona Regola.2


     3. Bisogna fare attenzione a elogiare qualcuno, in modo che la cosa possa danneggiarlo. Per esempio se si è stati ospitati con molto kavod e si è ricevuto molto cibo etc., oppure se si è ricevuto un prestito, è vietato dire quanto bene si è ricevuto. Questo perché altrimenti della brutta gente, o dei perditempo, potrebbero cominciare a dare fastidio alla persona da cui si è ricevuto il bene, e questa persona potrebbe ritrovarsi nei guai non sapendo più come liberarsi di questo tipo di gente.
Bisogna inoltre stare attenti a non mettersi nella condizione che altri sospettino che si sta parlando lashon harà, altrimenti si trasgredisce il divieto di parlare “avak lashon harà” (polvere di lashon harà).       
4. È vietato abitare in un quartiere di maldicenti, tanto più sedere vicino a dei maldicenti e ascoltare ciò che dicono, perfino se si ha l’intenzione di non ricevere ciò che dicono.
Tanto più, è vietato fissare il proprio posto al Bet HaKneset o nel luogo di studi, accanto a persone maldicenti.
In particolare, chi ha un tempo stabilito in modo fisso durante la giornata (cosa che TUTTI dovrebbero avere) che dedica allo studio di Toràh, non può assolutamente sprecarlo immischiandosi con i vicini che parlano lashon harà.
Se si ha un alunno che parla abitualmente lashon harà, e si sa con certezza che non starà a sentire nessun rimprovero, bisogna allontanarlo.
Se una persona si trova suo malgrado con una compagnia di maldicenti, e non ha alcuna possibilità di defilarsi,  deve seguire alcune norme comportamentali:
-          Se stima che rimproverando il gruppo, risucirà a non farli parlare lashon harà, deve senza dubbio rimproverarli.
-          Perfino se stima che il suo rimprovero non abbia l’effetto di farli smettere di parlare lashon harà, d’altro canto non apporterebbe nessun danno, non può stare zitto.
-          Se con il suo rimprovero, continueranno ancora di può a parlare male di quella persona, non bisogna dirgli niente.
-          Perfino se il rimprovero non servisse a niente, se ha qualche altra idea su come farli smettere, ha l’obbligo di metterla in pratica.

NONA REGOLA – Avak Lashon Harà

1. L’Avak lashon Harà è traducibile come “polvere di lashon harà”. S’intende con questa formula qualcosa che non è lashon harà completa, ma che ci si avvicina o che la causa. Ad esempio:
       a. Dire: “chi l’avrebbe detto che tizio sarebbe divenuto così”
       b. Dire “non fatemi parlare su caio, non voglio dirvi cos’è successo” 
       c. Una persona che elogia un altro davanti a chi non lo sopporta, perché provoca che raccontino lashon harà a loro volta. (Hagà) Perciò è vietato parlare di una persona se ha il dubbio che vengano a parlare male di lui. 
       d. Abbondare nell’elogiare una persona anche non davanti a una persona che non lo sopporta, perché alla fine arriverà lui stesso a dire “tranne questa cosa che non va bene” oppure loro risponderanno: “perché racconti così bene di tizio, sappiamo benissimo che…”

2. Raccontare elogi in pubblico è vietato in ogni caso, perché in ogni luogo pubblico è possibile che ci sia qualcuno che lo sopporti poco o che lo invidi, e se verrà elogiato, ne parleranno male. Ci sono però due eccezioni:
       a. Elogiare una persona che nessuno conosce è possibile, a condizione di non elogiarlo troppo (Hagàh)
       b. Elogiare una persona conosciuta come “Zadik” e retto, è permesso lodarlo anche davanti ad una persona che non lo sopporta, perché anche se dovesse ribattere, tutti sanno che non è vero.

Ottava Regola.8

13.       Ogni persona facente parte del popolo ebraico ha il divieto di accettare lashon harà su qualsiasi persona del popolo ebraico, ad eccezione degli eretici, di chi parla lashon harà etc. Come spiegato precedentemente, per accettare si intende credere in cuor proprio che la cosa sia vera.

14.     È vietato accettare lashon harà perfino dai propri genitori o dai propri famigliari.
Se i propri genitori parlano lashon harà e non gli si dice niente, si viene puniti gravemente per questo. Bisogna dirglielo in modo dolce e rispettoso, e cercare di dire qualcosa di positivo sulla persona di cui parlavano male.
Bisogna sempre rimproverare chi parla lashon harà nella propria casa, ma va fatto dolcemente, ricordando la punizione che riceve chi parla lashon ahrà, ricordando invece la grande ricompensa che riceve chi non parla lashon harà.
In particolare, ognuno stia attento a se stesso affinché non proferisca nessuna parola di lashon ahrà, perché se non si sta attenti per primi, gli altri non staranno a sentire quando li si rimprovera di non parlare lashon harà.
In cose di questo genere, è fondamentale il comportamento del “padrone di casa”, così come si comporta lui, si comporteranno gli altri, quindi si stia molto attenti, così da poter ricevere grandi ricompense sia in questo mondo che in quello a venire.

Ottava Regola.7


11. Il divieto di lashon harà vale sia che si racconti dinnanzi a parenti che non. Persino tra fratelli, è lashon harà. Persino se vuole che lo ammoniscano per ciò che racconta è vietato, perché prima deve ammonirlo lui stesso in privato. Nel caso però pensi che il suo ammonimento non aiuti, mentre quello dei parenti possa aiutare, può raccontarlo ai parenti affinché lo ammoniscano (e non per altri motivi).

12. Il divieto di lashon harà vale quando si racconta dinnanzi a un ebreo. Se racconta davanti a non ebrei il suo peccato diviene ancora più grave, perché oltre a disonorare gli ebrei e HaQadosh Barukh Hù (che gli ebrei rappresentano), presenta anche del male verso chi ha raccontato; questo perché se racconta lashon harà a un ebreo, questo non dovrebbe accettare subito il suo racconto. Mentre un non ebreo non ha motivo per non crederci e diffondere il racconto (non avendo il divieto di lashon harà) e quindi il danno è molto maggiore.
Tanto più nel caso in cui parli male degli ebrei davanti a non ebrei, il suo peccato è ancora più pesante, perché entra nella categoria dei “malshinim” ~ “melelingue” e il suo status equivale a quello degli “Apikoros” ~ eretico e coloro che non credono nella Toràh e nella resurrezione dei morti. E anche se il Ghehinnom terminerà, la loro pena non terminerà. Perciò ognuno deve stare attento a ciò, perchè il peccato e il danno divengono molto più gravi. (vedi libro intero per maggiori dettagli sulla gravità ulteriore)

Ottava Regola.6


       10. È vietato raccontare lashon harà ai propri famigliari e alla propria moglie e al proprio marito. Se c’è un motivo specifico per cui è necessario raccontare lashon harà alla propria moglie, per esempio nel caso in cui lei dia merce a credito a delle persone malvagie da cui poi sarebbe difficile riprendere i soldi, è permesso dirle che tipo di persone siano, e metterla in guardia, così che non presti loro merce o altro. Allo stesso modo è permesso raccontare al proprio socio a proposito di qualcuno che si ritiene disonesto o altro, così da non fare affari con lui.
10.1 se non si conosce di persona il fatto, ma solo per sentito dire, è comunque permesso raccontare ciò che si è sentito, così da tutelarsi per il futuro, ma in questo caso si sottolinei che si è solo SENTITA la cosa, e quindi bisogna stare attenti.
Alcuni credono che sia permesso raccontare alla propria moglie tutto quello che gli capita con gli amici, al lavoro, nel luogo di studio etc., in questo caso non solo si trasgredisce il divieto di lashon harà, ma si rischia anche di creare discussioni, perché se la moglie sente che qualcuno non tratta bene il marito, ce l’avrà con lui, potendo arrivare ad offenderlo o altro. Quindi bisogna stare molto attenti a non raccontare al proprio coniuge cose del genere.

Ottava Regola.5

8. C’è chi sostiene che è permesso raccontare lashon harà su una persona che è considerato “baal machloqet”, ossia una persona che crea o alimenta polemiche, nel caso in cui vede che attraverso il racconto è possibile mettere a tacere la polemica. Nel caso non venga a tacere la polemica è vietato raccontare lashon harà. Il permesso di raccontare lashon harà su un “baal machloqet” se c’è la possibilità di azzittire la polemica vale solo a determinate condizioni:
a. Baal Machloqet effettivamente. Deve sapere che tale persona è considerato “baal machloqet” da elementi che conosce in prima persona, e non per sentito dire. Nel caso abbia sentito raccontare e abbia trovato che le cose sono effettivamente vere (come nel caso di devarim nikkarim visto nella regola precendente).
b. Utilità. Deve raccontare con l’intenzione di spegnere la polemica e non per odio o altri motivi.
c. In altro modo. Sa che non è possibile spegnere la polemica in altro modo, se non quello di raccontare lashon harà sul “baal hamachloqet”. Ad esempio sa che l’ammonimento non aiuta.

9. E’ vietato disprezzare i defunti, qualsiasi fosse il loro livello – ignoranti o talmidè chakhamim. Tanto più è vietato disprezzare ciò che dicevano di Toràh.

Ottava Regola.4


7.1 Una persona, che tutta la città considera senza dubbio malvagia, a causa delle cattive voci che girano sul suo conto, secondo cui trasgredisce divieti conosciuti a tutto  il popolo ebraico, perfino questioni facili da rispettare, è permesso parlare su di lei lashon haarà e ascoltare su di lei lashon harà.
7.2 bisogna però stare molto attenti ad alcune condizioni fondamentali:
- che si abbia l’intenzione di parlare male di quella persona leshem shamaim, ossia fare in modo che altri non seguano il suo cattivo esempio, e magari che la persona stessa faccia teshuvà. Non si abbia l’intenzione di godere del racconto proferito, e non si racconti spinti dall’odio.
- non si racconti qualcosa di peggiore rispetto a quella che è la realtà
- non si parli male della persona di nascosto, ma pubblicamente, a meno che non si tema di ricevere del male, o di provocare discussioni.

Ottava Regola.3


5. il divieto di lashon harà riguarda chi, è considerato “tuo prossimo” secondo la Toràh. Per far parte di questa categoria bisogna condividere il rispetto della Toràh e delle mizvot. Chi nega che la Toràh scritta e/o quella orale e i profeti, siano di origine divina, o che accettano che tutta la Toràh (scritta, orale, profeti) siano di origine divina ad eccezione di un unico versetto, o di un solo principio, non rientra nella categoria di “tuo prossimo”.
6. Questo vale se si è sentito personalmente che qualcuno nega uno degli elementi di cui abbiamo parlato nell’alachà precedente. Se si è sentito da altri, questo non basta per permettere di parlare lashon harà su di loro sia che essi siano presenti che no. È vietato credere in cuor proprio  ciò che si è sentito sul loro conto, come abbiamo visto nella regola 6. Si deve tenere conto della cosa, al fine di potersi tutelare, o al fine di aiutare qualcun altro a tutelarsi. C’è l’obbligo di accertarsi della veridicità della cosa solo nel caso in cui “si sia sentito dire”, ma se si tratta di una persona che pubblicamente ostenta il suo essere eretico, è come se si fosse venuti a conoscenza della cosa personalmente.

Ottava Regola.2


3.  E’ vietato raccontare lashon harà perfino su di un bambino, se la cosa può danneggiarlo  o arrecargli dispiacere. Se raccontando qualcosa di male su di lui si intende cercare di evitare che il bambino causi danni e così facendo lo si possa mettere sulla giusta strada è permesso farlo, a condizione che si sappia in prima persona che la cosa è vera, e si sappia che quello che si racconta non causerà qualcosa di negativo, come per esempio che a causa di quello che si è raccontato il bambino esca dalla retta via.
4. E’ vietato raccontare lashon harà sia su di una persona ignorante che su di un talmid chacham (chi racconta lashon harà fa un peccato molto più grave). Lo yezer harà ci tende in trappola e ci fa credere che i talmidè chachamim di oggi non sono come quelli di un tempo e quindi non è vietato parlare lashon harà su di loro. La cosa è completamente falsa, perché ogni persona viene giudicata a seconda della generazione in cui si trova, ai nostri tempi, chi è adatto a insegnare Toràh e si dedica allo studio della Toràh può essere considerato talmid chacham. Chi ne parla male o lo insulta, perfino se in sua assenza, commette un errore pesantissimo ed è passibile di scomunica. Se la persona poi insegna nella stessa città di chi proferisce lashon harà contro di lui, il peccato è ancora più grande.