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Decima Regola


DECIMA REGOLA: LASHON HARA’ SU PRECETTI CHE RIGUARDANO NORME FRA L’UOMO E IL PROSSIMO
1.       Chi ha visto fare un torto, come rubare, danneggiare o far vergognare qualcuno, e sa certamente che chi ha rubato, o chi ha commesso il torto non ha riparato il danno, neppure chiedendo scusa, può raccontare il fatto ad altri, a condizione che voglia aiutare chi ha subito il torto, o che voglia che le azioni di quella persona siano viste come spregevoli agli occhi della gente, a patto che ci siano i seguenti presupposti (vedi punto due).

2.       (vedi punto uno)
– che abbia visto la cosa di persona, se la ha sentita da altri bisogna cercare bene quale sia la verità
-          Si concentri molto sulla cosa, per verificare se secondo la alachà stretta quello che è successo è considerato come rubare, come commettere un danno etc.
-          Deve prima rimproverare chi ha commesso il danno in modo dolce, forse sarà in grado di recepire il rimprovero e comportarsi di conseguenza.
-          Non deve esagerare il racconto più di quello che è, e se è a conoscenza di qualche aspetto grazie a cui l’avvenimento sembri meno grave agli occhi di chi ascolta, deve fare attenzione a non ometterlo.
-          Deve farlo solo per una buona causa e con uno scopo, e non deve godere del danno che viene fatto alla persona attraverso il racconto, e non deve farlo spinto dall’odio nei suoi confronti.
-          Se può raggiungere lo stesso scopo (ossia quello di far restituire ciò che è stato rubato o riparare al torto subito, o rendere spregevole il gesto che ha fatto quella persona) in un altro modo, è vietato parlare lashon harà sul quanto accaduto.
-          Non si causi un danno a chi ha compiuto l’azione spregevole, più di quanto ne avrebbe ricevuto se avessero testimoniato contro di lui al bet din.