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Quarta Regola.8 - Mettersi in società

1.    10. Abbiamo un principio fondamentale nelle questioni di Lashon Harà: se una persona vuole cominciare una nuova collaborazione, può e anzi è molto opportuno verificare su di lui presso altri a determinate condizioni. Esempi di collaborazione: prendere un nuovo impiegato per il suo lavoro, o un nuovo socio, o un Shiddukh ~ proposta di matrimonio?.
Le condizioni per chi verifica:
1,    Non si chiedano informazioni da qualcuno che si sospetta non sopportare la persona in questione, persino se non lo odia, ma è sufficiente che sia un concorrente economico.
2.        Colui che verifica deve avvisare colui presso cui pende informazioni del motivo delle domande, e se non lo avvisa, trasgredisce il divieto di “Lifnè ‘iver lo titten michshol” ~ “Davanti ad un cieco non porre un inciampo” poiché chi gli risponde pensa di fare lashon harà.
3.     Chi verifica stia attento a non credere sicuramente a ciò che gli viene detto, ma solo a sospettare della cosa, per stare attento dalla questione

Le condizioni per la persona cui vengono poste le domande: è vietato esagerare le cose più di quanto egli sappia effettivamente. [Vedi successivamente Hilkhot Rechilut ~ pettegolezzi Regola 9, come e quando rispondere]

Quarta Regola.7 - Cattivi atteggiamenti!

9. E’ vietato parlare male del prossimo sui suoi cattivi atteggiamenti. Ad esempio, se ha visto che si è insuperbito, oppure si è incollerito (perché è permesso solo mostrarsi incollerito, ma non incollerirsi davvero) oppure ha applicato altri atteggiamenti cattivi, perché forse ha fatto teshuvàh e si è rattristito dei suoi cattivi atteggiamenti. E persino se non è rattristito della cosa, forse non sa quanto siano gravi, e se l’avesse saputo, è possibile che sarebbe stato più attento alla cosa. E quindi non solo è vietato parlarne male, ma è anche opportuno ammonirlo (non saltandogli addosso, ma pacatamente) e mostrargli la gravità del divieto, e così compie anche la mizvàh dell’ammonire. 

10. Nonostante abbiamo detto (4.9) che è vietato raccontare i cattivi atteggiamenti del prossimo, nel caso in cui vuole che gli altri non imparino da lui e dalle sue azioni, è possibile raccontare la cosa, e addirittura può essere una mizvàh. Questo a condizione necessaria e non sufficiente che non lo abbia preso in odio, indifferenza o non sopportazione (tutte e tre le cose rientrano nel termine שנאה “Sinàh” in ebraico). [N.d.R. C’è da notare, che oggigiorno non tutti sanno cosa sia un cattivo atteggiamento e cosa sia un buon atteggiamento. E’ necessario verificare questa cosa in base alla halakhàh, di caso in caso, senza giudicare solo in base alla propria opinione.] In tal caso è una mizvàh inoltre che chi racconta spieghi il motivo per cui parla male di tale persona, affinché chi sente non pensi che sia permesso parlare male del prossimo più di quanto sia effettivamente. 

10.1 Persino se ha sentito la cosa da altri – deve sospettare la cosa, e anche dire ad altri eventualmente di sospettare della cosa affinché sappiano tenere le distanze. Deve però sottolineare la cosa dicendo “ho sentito che dicono di lui così e cosà, e perciò bisogna starci attenti e tenere le debite distanze.” (Beer Maim Chajim)

Quarta Regola.6


     7. Tutte le norme viste fin’ora, valgono nel caso in cui una persona è solita pentirsi dei propri peccati. Nel caso si sia verificato che la persona non ha nessun timore di HaShem, e si vuole mettere sulla cattiva strada, è permesso farla vergognare e raccontare male di lei, sia in sua presenza che meno. Ad esempio una persona che deliberatamente trasgredisce le regole della Toràh, o che non sta attenta a una determinata averà che tutti sanno trattarsi di un’averà. Però, chi ascolta, ha il divieto di credere a quello che gli viene detto, può solo sospettare della cosa fin quando riuscirà a fare chiarezza.
-          Se una persona del genere ha compiuto un’azione giudicabile positivamente o negativamente, la si giudica negativamente ed è permesso farlo vergognare di ciò che ha fatto.
-          Tutto questo permesso vale solo nel caso in cui si ha l’intenzione di far migliorare la cosa e altre condizioni di cui parleremo in seguito.

Quarta Regola.5

5-6.1 Nel caso due persone (come testimoni) abbiano visto il peccatore peccare e sanno che lui sicuramente non accetterebbe alcun ammonimento, ed è probabile che in modo molto semplice ricaschi nel peccato, è bene che i due testimoni vadano dal Bet Din ~ Tribunale rabbinico e gli dicano il fatto in modo che possano allontanarlo dal peccato in futuro (ciò vale solo nei luoghi in cui il Bet Din ~ Tribunale Rabbinico abbia l’autorità e la forza per allontanarlo dal peccato).

5-6.2 Nel caso solo una persona l’abbia visto - quindi non può testimoniare da solo al Bet Din, poiché c’è il divieto di testimoniare da solo. (vedi decimo divieto) Nonostante ciò può rivelarlo al Rav del peccatore affinché lo “raddrizzi” a condizione che venga creduto effettivamente. E’ però vietato al Rav di raccontare la cosa in giro. C’è però la possibilità che anche se c’è il rischio che il “Rav” vada a raccontare in giro la questione, nel caso possa effettivamente “raddrizzare” la persona, sia possibile rivelarglielo.

5-6.3 E così è possibile anche rivelare la questione ai parenti stretti del peccatore, nel caso in cui (a) sicuramente gli crederanno e (b) ammoniranno il peccatore. Questo a condizione che sia effettivamente così e che (c) l’intenzione di chi racconta sia effettivamente al fine di ottenere un buon comportamento ( e null’altro).

Quarta Regola.4 - Chi non ascolta il Bet Din


4.8 Una persona che non vuole compiere ciò che il Bet Din ~ Tribunale Rabbinico gli ha prescritto (in forma di giudizio) e non ha un motivo sul perché non vuole compierlo – è possibile parlare di questa cosa negativa, e persino scriverla in modo che rimanga ricordata per tutte le generazioni.
4.8.1 Nel caso in cui abbia dato un motivo sulla sua condotta e sul perché non voglia compiere ciò che il Bet Din  ~ Tribunale Rabbinico gli ha prescritto c’è da distinguere:
a. Nel caso sia verosimile, o ci sia un dubbio sulla verosimilità del motivo – è vietato raccontare qualcosa di negativo su di lui (tanto più pubblicare qualcosa sulla questione).
b. Nel caso capiamo che non è verosimile, ma è solo una scusa – allora non è necessario credergli, ed è possibile raccontare la cosa (anche se negativa) e portarla anche in forma scritta per le generazioni.

Quarta Regola.3

   4.4 Se  la persona in questione commette un peccato volontariamente, essendo a conoscenza del fatto che quello che sta facendo è un peccato (per esempio adulterio o mangiare alimenti proibiti ל"ע, che tutti sanno che si tratta di peccati) allora c’è da fare una distinzione fra un benonì e un talmid chacham.  Se la persona in questione è un benonì (ossia generalmente sta attento a compiere le mizvot e non peccare ma ogni tanto inciampa in qualche peccato) e la si è vista peccare solo una volta di nascosto, è vietato raccontare quello che ha fatto, perché potrebbe già essersi pentito della cosa, aver fatto teshuvà e aver ricevuto il perdono di HaShem. Se si raccontasse quello che ha fatto lo si farebbe vergognare e basta, e oltretutto potrebbe già aver ricevuto il perdono da HaShem per quello che ha fatto. Chi rivela la cosa, si macchia di un peccato molto grave ed è considerato malvagio. Quello che bisogna fare è rimproverare la persona a quattr’occhi per quello che ha fatto, incoraggiandolo a non comportarsi più in quel modo. È importante farlo però nella dovuta maniera ed educatamente.
4.4.1 Se si vede peccare un talmid chacham, una persona che generalmente non commette peccati ma in questa occasione è stata vinta dallo yezer harà, e si rivela quello che ha fatto, si commette un grave peccato, ma non solo, è vietato perfino sospettare del fatto che non abbia fatto teshuvà, perché sicuramente l’ha fatta ed è amareggiato per quanto accaduto e per il fatto di essere stato vinto dallo yezer harà.

Quarta regola.2

4.2. E' vietato raccontare qualcosa di negativo su una persona, sia che abbia trasgredito un divieto della Toràh che un precetto da compiere. Sia che si tratti di un divieto "famoso" che di una mizvàh poco conosciuta, o comunque cui la gente sta poco attenta. E così è anche vietato raccontare che una persona sta poco attento a compiere le mizvot a priori.

4.3. Abbiamo definito precedentemente una persona “media” come persona che generalmente sta attenta a non compiere peccati, ma di tanto in tanto ci incappa (vedi terza regola - 7). Anche nel caso una persona “media” sia stata vista compiere ripetutamente un peccato, è vietato rivelarlo. Persino se è stato visto non solo da una persona, ma da due, quanto il numero minimo necessario per testimoniare al bet din ~ tribunale rabbinico [a meno che, appunto, non vadano a testimoniare. In tal caso è permesso raccontare il fatto, ma solo al Bet Din]. Bisogna anzi giudicare tale persona positivamente (vedi terza regola – 7). Ad esempio pensando che non l’ha commesso volontariamente, oppure che non sapeva che fosse vietato, oppure pensa che sia solo un “buon consiglio”, ma non sia obbligatorio [in questi ultimi due casi è opportuno farglielo notare in modo calmo e rispettoso, così che non arrivi a peccare una volta ulteriore]

Quarta regola

QUARTA REGOLA: IL DIVIETO DI PARLARE LASHON HARà PER QUESTIONI CHE RIGUARDANO LE MITZVOT FRA L’UOMO E HASHEM

1. E’ vietato raccontare sul prossimo qualcosa di negativo, che sia effettivamente accaduto, perfino se la persona in questione non è presente, sia per quanto riguarda le questioni interpersonali che per quanto riguarda le questioni fra uomo e HaShem. Se la persona in questione, attualmente si comporta come si deve, è assolutamente vietato parlare male di lui e raccontare il suo passato poco lusinghiero. Nel caso tutt’ora si comporti generalmente bene però fa qualcosa che non va, se si stratta di qualcosa che tocca l’ambito dei rapporti interpersonali, parleremo della questione be”H nella regola 10, se riguarda l’ambito fra uomo e HaShem, ne tratteremo nelle alachot successive. Comunque si devono avere tutte le condizioni di cui si parla nella quarta regola al settimo paragrafo.

Terza Regola.5

8. Perfino se l’azione in questione sembra potersi giudicare tendenzialmente come negativa, in modo che secondo l’alachàh è meno problematico giudicare in modo negativo, bisogna limitarsi a ritenere la cosa come opinione personale e non umiliare la persona di fronte ad altri, a meno che non sussistano tutte le condizioni che verranno be”H riportate nelle regole 4, 5 e 10.

Terza Regola.4

6. Se dal racconto, la persona di cui viene raccontato non riceve nessun danno, comunque chi ha raccontato ha trasgredito il divieto di parlare lashon harà, perfino se ancora prima di raccontare sapeva che il racconto non avrebbe arrecato nessun danno alla persona di cui parla è vietato raccontare qualcosa di negativo sul suo conto.

7. C’è una norma generale: bisogna giudicare il prossimo con un occhio favorevole. Ma se si vede qualcuno comportarsi in modo sbagliato, sia per quanto riguarda le norme fra uomo e il suo prossimo, che per quanto riguarda le norme fra l’uomo e il Signore, ci sono diversi modi su come giudicare la cosa, e tutto dipende da chi sia il soggetto in questione che si vede comportarsi scorrettamente. Come vedremo nella spiegazione di questa alachà.
Se la persona che vediamo comportarsi male è una persona “temente del Cielo”, è obbligatorio giudicarla favorevolmente, persino se quello che vediamo sembra essere un comportamento quasi sicuramente negativo.
Se si tratta di un uomo “medio” che generalmente sta attento a non compiere peccati, ma di tanto in tanto ci incappa, c’è una distinzione:
- se l’azione è possibile giudicarla più sul lato positivo, allora è vietato giudicarlo negativamente. E se lo si giudica negativamente e si parla della cosa, si trasgredisce il divieto di lashon harà [in ogni caso, anche se non ne parla ma lo pensa semplicemente, contravviene alla mitzvà di giudicare il prossimo favorevolmente (precetto da compiere numero 3 visto nell’apertura)].
- Nel caso in cui l’azione compiuta sia possibile giudicarla parimente sia come azione negativa che come azione positiva, c’è l’obbligo di giudicarla in modo positivo, ed è vietato raccontare sull’evento lashon harà.
- Persino in cui si possa tendenzialmente giudicare l’azione come negativa, è opportuno restare nel dubbio, ossia non avere la convinzione che si tratta di un’azione sbagliata.

Terza Regola.3

4. il divieto di raccontare senza fare nomi
- perfino se si racconta senza fare nomi, ma da quello che si dice è possibile arrivare a capire di chi si sta parlando, è vietato.
- Perfino se in quello che si racconta non c’è niente di negativo, ma a causa di quello che si racconta si ottenga un effetto negativo, e proprio con questa intenzione subdola si è raccontato quello che si è raccontato, è vietato.

5. Anche parlando in modo ingenuo, ossia facendo vedere di non sapere che quello che racconta è lashon harà, o che fa finta di non sapere che quello che racconta si riferisce a una certa persona, è vietato e rientra nel divieto di lashon harà.

Terza Regola.2

2. Il modo permesso di raccontare di fronte alla persona in questione.
La “polvere di lashon harà” (ossia quando quello che si ha da dire può essere interpretato o in modo positivo, ossia che non è una critica, oppure in modo negativo, quindi come critica) detta in modo che si capisca che si intende dire qualcosa di positivo, tanto che avrebbe detto la stessa cosa, con gli stessi gesti, toni ed espressioni, di fronte alla persona in questione, è possibile raccontarla, perché è chiaro che l’intenzione non è quella di criticare in nessun modo. Però, se dai gesti, dai toni o dalle espressioni è possibile interpretare quello che si sta dicendo come critica, allora è vietato.


3. Il divieto di parlare lashon harà: perfino per scherzo
Perfino se si parla amichevolmente e senza astio, e non intende criticare la persona in questione, ma dice le cose solo per scherzare o per farsi una risata, è vietato dalla Toràh.

Terza Regola.1

TERZA REGOLA: IL DIVIETO DI PARLARE LASHON HARà DI FRONTE ALLA PERSONA IN QUESTIONE OPPURE DI NASCOSTO, PER SCHERZO, E SENZA RIVELARE IL NOME DELLA PERSONA DI CUI SI STA PARLANDO.

1. Il divieto di parlare lashon harà: perfino se si parla male in faccia alla persona in questione.
Come abbiamo già detto nelle maledizioni, sicuramente è vietato parlare lashon harà, ossia dire qualcosa di realmente accaduto e negativo, sul prossimo. È vietato perché chi lo fa è passibile di ricevere la maledizione: “Maledetto chi colpisce il prossimo di nascosto” (Devarim 27,24). Perfino se chi parla lashon harà ritiene che avrebbe detto la stessa cosa di fronte alla persona in questione, o se le parla direttamente in sua presenza, è assolutamente vietato. Per certi versi è ancora peggio, perché si dimostra sfacciataggine, e si rischia di far vergognare la persona, che è una colpa molto grave di per sé.

Seconda Regola.9 - Questioni economiche

13 a. In generale se una persona rivela a qualcuno una questione relativa al suo commercio, alla sua merce o simili, è vietato rivelarla, in particolare perché c’è il rischio che arrivi al commerciante un danno economico o sofferenza dall’aver reso risaputa la cosa.

13 b. Nel caso l’abbia rivelata davanti a tre persone (secondo tutte le condizioni viste nelle halakhot precedenti), il commerciante dimostra che non gli importa che la cosa si sappia, perciò chi era tra i tre può rivelare la cosa persino a priori. Questo permesso vale solo se (a) il commerciante non ha detto o fatto capire che desidera che la cosa non venga risaputa, e (b) non manchi alcuna delle condizioni spiegate in precedenza

Seconda Regola.8

12. a. E' vietato prendere in giro qualunque ebreo.
b. In particolare il divieto aumenta se colui che viene preso in giro è un uomo che fa derashot o ammonisce il pubblico. Ad esempio dicendo che le sue derashot non valgono nulla. Al contrario è opportuno eventualmente dargli consigli su come parlare al pubblico.
c.Non c'è limite ai divieti che trasgredisce colui che diffama un uomo che fa derashot in pubblico, e così anche le 'averot di coloro che lo stanno ad ascoltare. Se ci riflettiamo troviamo che trasgrediscono tutte le mizvot illustrate nell'introduzione (laavin e asin)

Seconda Regola.7

11. Chi si occupa del pubblico deve stare maggiormente attento a non incappare nel divieto di lashon harà. Ogni singolo delle assemblee per decidere le questioni del pubblico deve stare attento a non raccontare successivamente la sua opinione precedente o quella degli altri, ma solo la loro conclusione. Non c'è differenza se decide da solo di raccontare la questione oppure viene obbligato da altri, in ogni caso è vietato raccontare ciò che è accaduto.

Seconda Regola.6

9. Tutto quello che abbiamo detto, riguarda il divieto di raccontare ESATTAMENTE quello che si è sentito, ma è assolutamente vietato aggiungere perfino una singola sillaba, tanto più è vietato cambiare i fatti a seconda dell’interlocutore. Inoltre, è vietato accettare quello che si è sentito come qualcosa di vero, come vedremo be”H più avanti nel clal 7. Se una persona ha compiuto una cattiva azione quando era giovane, e poi ha cambiato strada, o se i suoi antenati non si comportavano come di deve, ma lui ha cambiato strada, è vietato rimproverarlo e svergognarlo di fronte agli altri.

10. – quando si racconta qualcosa a qualcuno, sapendo che di natura è una persona che tende a intendere le cose che gli vengono raccontate direttamente come vere, è vietato raccontargliela, tanto più se si sospetta che potrebbe anche aggiungere qualcosa di male sulla persona in questione.
- Dopo tutto quello di cui abbiamo parlato, è evidente quanto sia opportuno allontanarsi dal permesso di raccontare qualcosa che si è sentito di fronte a tre persone, poiché è una situazione che nella pratica non può avvenire senza infrangere una delle condizioni di cui abbiamo parlato. Quindi, chi si preoccupa per la propria anima, si allontani dalla cosa.

Seconda Regola.5

6-7 a. Se colui che parla lashon harà dice agli ascoltatori di non diffondere la cosa, anche se la racconta davanti ad un largo pubblico, è vietato agli ascoltatori raccontare a loro volta, persino se raccontato solo per caso. E ciò vale persino se vede che gli altri ascoltatori non stanno attenti al divieto.

b. Non importa in che modo colui che parla lashon harà dice di non diffondere la cosa - in ogni caso è vietato diffonderlo, e a maggior ragione è vietato parlare della cosa al soggetto dei discorsi.

c. Due che raccontano lashon harà ad altri due, e vietato a questi ultimi raccontare ad altri, perchè non si applica la regola del raccontare davanti a tre, anche se alla fine erano in quattro.

Seconda Regola.4

4. La facilitazione vale solo nel caso in cui ci siano tre persone che non abbiano un particolare interesse a non dire nulla, perché in tal modo c’è la possibilità che la cosa detta dinnanzi a tre persone diventi quasi di pubblico dominio. Quindi se uno dei tre presenti era una persona Temente del Signore, che sta attenta ad applicare le norme sul lashon harà – è vietato tornare a raccontarla (perché è come se non ci fossero tre persone, ma solo due). E così anche se il “terzo” è un parente di colui di cui si sta parlando oppure se è una persona che vuole bene il soggetto del lashon harà, per cui non parlerebbe mai di lui.

5. La facilitazione vista prima (2.1-3) vale solo nella stessa città, ma in una differente città è vietato diffonderlo.

Seconda Regola.3

3. Gli ascoltatori possono raccontarlo a loro volta?
a. Colui che ascolta la lashon harà che è detta dinnanzi a tre persone nel caso in cui racconti ciò che ha sentito con l’intenzione di rivelare la cosa, sicuramente trasgredisce il divieto di lashon harà.
b. C’è chi dice che se racconta ciò che ha sentito in un secondo momento casualmente non avendo l’intenzione di rivelare la cosa ad altri, non trasgredisce il divieto di lashon harà (poiché essendo risaputo da tre persone, diventa una cosa considerabile alla stregua di pubblica, e la Toràh non ha vietato di rivelare una cosa pubblica nel caso si parli casualmente senza aver intenzione di raccontare qualcosa di male sul soggetto del discorso).
c. C’è chi dice che anche raccontare in modo casuale è vietato, a meno che la questione non sia capitata nel discorso per caso mentre stavano parlando di qualcos’altro. (Hagaàh).
d. In ogni caso non deve avere intenzione di rivelare la cosa, perché se lo fa intenzionalmente (anche non per arrecare danno alla persona, tanto più se vuole anche arrecarlo) trasgredisce il divieto di lashon harà. E ciò vale anche se non racconta da chi l’ha sentito, ma dice solo “ho sentito…”.

Seconda Regola.2

2. Il modo permesso di raccontare dinnanzi a tre persone.
E’ permesso raccontare “davanti a tre”, cioè nel caso in cui ci siano tre persone e la questione che si racconta non è considerabile qualcosa di negativo oltre ogni dubbio (ad esempio dire che non trova il fuoco acceso se non presso una persona particolare in cui cucinano sempre – che potrebbe essere interpretato come “è un ingordo” oppure come “fa molto per dare ad altri da mangiare”). Questo a condizione che quando racconta la cosa non abbia una voce e un tono che fanno supporre che voglia dire qualcosa di negativo, e che se fosse stato detto davanti alla persona stessa non si sarebbe vergognato di dirlo. In questo caso anche gli ascoltatori non hanno alcun divieto di stare ad ascoltare.

2.2[Tutto il permesso di “non si sarebbe vergognato di dirlo” è valido solo per alcune questioni particolari che vedremo Be”H in futuro, ma anche in questo non si parla di qualcuno che “non si sarebbe vergognato di dirlo” a causa della sua faccia tosta]

Seconda Regola

SECONDA REGOLA: LASHON HaRà CHE VIENE DETTA DI FRONTE A TRE PERSONE

1. Il divieto di parlare lashon harà di fronte a una singola persona o di fronte a molte persone
È vietato parlare lashon harà (ossia parlare male di qualcun altro dicendo qualcosa di vero e realmente accaduto) di fronte a una singola persona, tanto più di fronte a molte persone. Più sono gli ascoltatori e più la pena di colui che racconta è grave.

Prima Regola.5

1.9. Il divieto di parlare lashon harà: perfino se sei parla male anche di se stessi
Perfino se parlando male di qualcun altro, parla male di se stesso, è vietato. Perfino nel caso in cui cominci a parlare male di se stesso e poi passi a parlare male di qualcun altro gli è vietato.

Prima Regola.4

7. Il divieto di parlare lashon harà: perfino se si viene considerati pazzi

Se piuttosto che parlare lashon harà è meglio perdere il lavoro, è ovvio che è vietato parlare lashon harà al costo di perdere il proprio onore ed essere considerati pazzi. A proposito di questo concetto hanno detto i Nostri Maestri: “Meglio essere considerato pazzo per tutta la vita, piuttosto che malvagio per un istante di fronte a Melech Malchei haMelachim haKadosh-Baruch-Hu” ('Eduyot cap. 5 mishnà 6). Bisogna essere molto forti in situazioni come questa per non cadere nella trappola e parlare lashon harà. Ma ciò che dà coraggio è la certezza che, così come è duro astenersi dal parlare lashon harà, così la ricompensa di HaShem per non averlo fatto sarà infinita.

8. Il divieto di parlare lashon harà: perfino in forma scritta o con un accenno

Il divieto di parlare lashon harà vale sia in forma orale che scritta. E vale anche se si racconta in modo esplicito o alludendo ai fatti.

Prima Regola.3

5. Il divieto di parlare lashon harà: perfino se qualcuno ci supplica

È proibito raccontare lashon harà perfino se si viene implorati e supplicati di farlo (tanto più ovviamente se si racconta di propria spontanea volontà). Perfino se i propri genitori o il proprio maestro (a cui si deve rispetto) chiedono di farlo, se questo implica parlare lashon harà, è vietato.

6. Il divieto di parlare lashon harà: perfino se si rischia di perdere il lavoro

Perfino se a causa del fatto che non si vuole parlare lashon harà si rischia di perdere il proprio lavoro, senza avere nessun’altra fonte di sostentamento per mantenere la propria famiglia, è vietato parlare lashon harà.

Prima Regola.2

3. La gravità della pena di chi è abituato a parlare lashon harà

Quello che abbiamo detto si applica a chi “per caso” ha parlato male di qualcuno, ma chi è abituato a farlo e si riunisce di proposito con amici e parenti per parlare male degli altri, è chiamato “maldicente” e la sua pena è molto più grave, perché intenzionalmente e ripetutamente trasgredisce quello che è scritto nella Toràh.

4. La punizione per chi racconta lashon harà : in questo Mondo e nel Mondo Futuro

I Nostri Maestri riportano tre trasgressioni per cui si viene puniti in questo Mondo e si perde il proprio posto nel Mondo Futuro. Queste averot sono: idolatria, rapporti proibiti (tra cui avere rapporti con una donna niddà, quindi tutti i rapporti prematrimoniali), e lo spargimento di sangue. Parlare lashon harà è peggio di tutti e tre messi insieme. Spiegano i Nostri Maestri che ci si riferisce a chi parla abitualmente lashon harà come se la cosa fosse permessa [in ogni caso se una persona fa teshuvà dall’averà che ha compiuto, decidendo di non volerla ripetere più, allora gli viene perdonata].

Prima Regola

IL DIVIETO DI PARLARE LASHON HARA’ E LA GRAVITA’ DELLA PENA PER CHI LO FA

1. Il divieto di raccontare qualcosa di negativo sul prossimo
a) È vietato raccontare lashon harà, ossia raccontare qualcosa di negativo sul prossimo, perfino se si tratta di qualcosa di vero.
b) Se in quello che si racconta, c’è qualche piccola imprecisione o bugia, attraverso cui quello che si racconta sul prossimo sembra ancora più grave, si entra nella categoria di diffamatori, e la punizione per questo peccato è molto più grave.

2. Le averot che si compiono parlando lashon harà
Chi racconta lashon harà o pettegolezzi – trasgredisce il divieto “Non andare spettegolando nel tuo popolo”, e molti altri divieti e precetti da osservare direttamente dalla Toràh.

Le quattro maledizioni.2

3. Terza maledizione “Maledetto colui chi non considera valide (tutte) le parole di questa Toràh”
Se si compie il peccato di lashon harà molto spesso, al punto che si parla tranquillamente lashon harà senza quasi considerarlo un peccato, si è passibili di ricevere la maledizione “Maledetto colui chi non considera valide (tutte) le parole di questa Toràh”. Poichè è scritto nella Toràh di non parlare lashon harà, chi ignora deliberatamente questo divieto, sta automaticamente non considerando valido tutto ciò che è scritto in Essa (nel caso specifico, il fatto di non parlare lashon harà).

4. Quarta maledizione “Maledetto chi maltratta suo padre e sua madre”
Se chaz veshalom si parla lashon harà sui propri genitori, si è passibili della maledizione “Maledetto chi maltratta suo padre e sua madre”.

Le quattro maledizioni

Le quattro maledizioni a cui è passibile chi non sta attento al peccato di lashon harà

1. Prima maledizione: “Maledetto chi colpisce il prossimo di nascosto” (Devarim 27, 24)
Oltre a tutti i divieti e precetti positivi che trasgredisce chi parla lashon harà, è passibile di ricevere la maledizione “Maledetto chi colpisce il prossimo di nascosto”, perché si può colpire anche con le parole, che spesso possono essere peggio che un colpo fisico.

2. Seconda maledizione “Maledetto chi fa deviare il cammino del cieco” (Devarim 27,18)
È passibile a questa maledizione chiunque trasgredisca il divieto di “Non mettere un inciampo di fronte al cieco”, che è una delle diciassette trasgressioni scritte precedentemente, che si possono compiere parlando o ascoltando lashon harà, perché mette un “inciampo” di fronte a chi ascolta quello che dice, o ascoltando la lashon harà della persona che ha cominciato a dirla.

I 14 precetti positivi.7

13. Il tredicesimo precetto – “Allontanati dalla menzogna” (Shemot 23,7)
Se nel racconto di lashon harà (che consiste nel raccontare qualcosa di vero e negativo su di un’altra persona) si aggiunge anche qualche piccola bugia o inesattezza, si trasgredisce un ulteriore precetto “Allontanati dalla menzogna”. A questo punto, chi racconta qualcosa del genere, passa dalla categoria di colui che racconta lashon harà a quella di diffamatore. E la sua punizione è molto più grave rispetto a quella di chi racconta lashon harà e pettegolezzi.

14. Il quattordicesimo precetto – “E seguirai le sue vie (di HaKadosh Baruch Hu)” (Devarim 28,9)
Chi si abitua a parlare lashon harà e pettegolezzi, trasgredisce il precetto “E seguirai le sue vie”, secondo cui bisogna imitare i comportamenti e le caratteristiche di HaKadosh BaruchHu, che sono tutte positive. Così come Lui è misericordioso, anche noi dobbiamo esserlo, così come Lui è clemente, anche noi dobbiamo esserlo etc.. E HaKadosh BaruchHu
odia i delatori, perfino a proposito di una persona veramente infame. Le vie di HaShem consistono nel fare solo del bene al prossimo, e chi trasgredisce i divieti relativi alla lashon harà, di sicuro non si sta comportando in questo modo.

Abbiamo enumerato i 14 precetti da compiere che è possibile trasgredire parlando lashon harà, oltre ai 17 divieti precedentemente enumerati. Sicuramente non possono essere infranti tutti contemporaneamente con una singola chiacchierata, ma chi è abituato a parlare lashon harà e pettegolezzi sicuramente li trasgredirà tutti.

I 14 precetti positivi.6

11. L’undicesimo precetto – “Temi HaShem Tuo Signore” (Devarim 6, 13)
Chi si invischia nel grave peccato di parlare o ascoltare lashon harà, trasgredisce il precetto: “Temi HaShem Tuo Signore”, secondo cui nel corso di tutta la nostra vita dobbiamo comportarci secondo le regole che HaShem ci ha dato, perché HaShem veglia costantemente sulle nostre azioni e i nostri pensieri, e se si parla o si ascolta lashon harà, di sicuro in quel momento non si sta temendo HaShem.

12. Il dodicesimo precetto – Studiare Toràh
1. Nel momento in cui si ascolta o si parla lashon harà, si trasgredisce il precetto positivo di studiare Toràh, che è importante quanto la somma di tutte le mitzvot messe insieme e la cui ricompensa è incommensurabile. Di conseguenza, essendo lo studio della Toràh una mitzvà così importante, l’annullamento di questa mitzvà equivale al compimento di tutti i peccati messi insieme. L’obbligo di studiare Toràh si applica ad ogni singolo istante della vita di ogni ebreo.
2. Se si considera il peccato di non studiare Toràh, sommato a quello di parlare lashon harà, si arriva tranquillamente a trasgredire centinaia di divieti e di precetti da compiere. Quindi bisogna stare molto attenti a ciò che si dice e a ciò che si ascolta.

I 14 precetti positivi.5

9. Il nono precetto – “E lo santificherai” (Vaikrà 21, 8)
Chi racconta lashon harà su di un Cohen in sua presenza – trasgredisce il precetto “E lo santificherai” (i Cohanim vanno trattati con un rispetto particolare, ancora più di tutti gli altri).

10. Il decimo precetto – “Onora tuo padre e tua madre” (Devarim 27,16)
1. Se si racconta lashon ahrà sui propri genitori, perfino se non in loro presenza, si trasgredisce inoltre il precetto: “Onora tuo padre e tua madre”, e si è soggetti alla maledizione scritta nella Toràh “Maledetto chi maltratta suo padre e sua madre” (Devarim 27,16).
2. Anche chi racconta lashon harà o pettegolezzi sul proprio fratello più grande, o sul marito della propria madre (che non è suo padre), o sulla moglie del proprio padre (che non è sua madre), trasgredisce le stesse cose (questo lo si impara dal fatto che nel verso in ebraico c’è scritto “Kabed et avicha veet immecha” i Nostri Maestri deducono che il fatto che ci sia scritta la particella veet viene a includere i parenti di cui abbiamo parlato).

I 14 precetti positivi.4

7. Il settimo precetto – “E avrete timore del mio Mikdash ~ Santuario”
Se si parla lashon harà o pettegolezzi in un luogo in cui si studia Toràh o nel Bet HaKeneset, trasgredisce il precetto “E avrete timore del mio Mikdash ~ Santuario”, perché tali luoghi sono considerati come un Bet HaMikdash ~ Santuario.

8. L’ottavo precetto “Onora la figura dell’anziano” (Vaikrà 19, 32)
Chi racconta lashon harà a proposito di una persona anziana o di un saggio in sua presenza, trasgredisce anche il divieto: “Onora la figura dell’anziano”.

I 14 precetti positivi.3

5. Il quinto precetto – “Ammonisci il prossimo”
A volte, ascoltando lashon harà o pettegolezzi, si può trasgredire il precetto “Ammonisci il prossimo”. Se una persona comincia a raccontare qualcosa di male su di un’altra persona, e chi ascolta sa che se la ammonisse smetterebbe di raccontare quello che stava raccontando, deve farlo. Perfino se ha il dubbio che forse accetterebbe la sua ammonizione e smetterebbe di raccontare, deve ammonirlo fin da quando comincia a parlare male dell’altro e non lasciarlo finire.
Se non lo ammonisce e lo lascia finire sicuramente trasgredisce il precetto di cui parlato. Lo trasgredisce perfino se ha l’intenzione di ammonirlo non appena avrà finito di parlare lashon harà.


6. Il sesto precetto – “E a Lui (al Signore) ti attaccherai”
Una persona che si aggrega ad una compagnia di mascalzoni e maledicenti, per raccontargli lashon harà, o per sentire la loro lashon harà, trasgredisce il divieto “E a Lui (al Signore) ti attaccherai”. Quello che bisognerebbe fare è di aggregarsi solo con talmidè chachamim ~ allievi di saggi (ossia studiosi di Toràh), al fine di imparare dai loro comportamenti e dai loro modi di fare.

I 14 precetti positivi.2

3. Terzo precetto – “Giudica il prossimo con benevolenza”
a. Una persona che ha fatto qualcosa, che è possibile giudicare sia in modo positivo che in modo negativo, perfino se si sta parlando di una persona media (ossia né un malvagio, né un giusto), secondo la Toràh lo si deve giudicare in modo positivo. Quindi, chi parla, o ascolta qualcuno che parla lashon harà su quella persona, trasgredisce il precetto “Giudica il prossimo con benevolenza”.
b. Tanto più, chi parla o ascolta lashon harà di una persona che teme HaShem, è evidente che trasgredisca il precetto detto sopra. Il motivo è perché una persona che teme HaShem, anche se ciò che ha fatto sembrerebbe potersi giudicare tendenzialmente in modo negativo, va giudicato in modo positivo (perché, anche ammettendo che abbia fatto qualcosa di negativo, probabilmente ha fatto teshuvà per quello che ha fatto).

4. Il quarto precetto – “E lo aiuterai, anche se è un convertito o un residente, e vivrà con te” – “E tuo fratello vivrà con te”.
Se raccontando lashon harà, ha fatto si, che la persona di cui parlava abbia perso la sua fonte di sostentamento economico (dicendo per esempio che non è onesto o che non è in grado di svolgere il lavoro che fa) – trasgredisce il precetto “E lo aiuterai, anche se è un convertito o un residente, e vivrà con te” e il precetto detto poco dopo “E tuo fratello vivrà con te”.

I 14 precetti positivi

I 14 PRECETTI DA COMPIERE, SCRITTI ESPLICITAMENTE NELLA TORAH, CHE è POSSIBILE TRASGREDIRE ATTRAVERSO LA LASHON HARA’.

1. Primo precetto – “Ricorda quello che HaShem Tuo Signore ha fatto a Miriam lungo la strada”
Chi racconta lashon harà o pettegolezzi, trasgredisce il precetto “Ricorda quello che HaShem Tuo Signore ha fatto a Miriam lungo la strada” – la Toràh ci ha detto di fare attenzione a ricordarci sempre la grande punizione che il Signore Benedetto ha dato alla profetessa e giusta Miriam, allo scopo di farci allontanare dalla lashon harà (Miriam, ha solo parlato in disparte con Aharon riguardo a qualcosa su cui era preoccupata per suo fratello, che amava moltissimo, e per il quale ha messo in pericolo la sua vita pur di salvarlo. Nonostante ciò viene punita con la lebbra, e tutto l’accampamento deve aspettare che guarisca per potersi di nuovo mettere in cammino).

2. Secondo precetto – “Ama il tuo prossimo come te stesso”
Chi racconta o ascolta lashon harà o pettegolezzi sul prossimo, trasgredisce il precetto “Ama il tuo prossimo come te stesso” – secondo cui ogni ebreo deve amare ogni membro del popolo ebraico, e avere a cuore l’onore del suo prossimo e raccontare su di lui solo cose positive. Esattamente come ognuno ha a cuore e tiene al proprio onore. Chi racconta lashon harà o pettegolezzi, o chi li ascolta, dimostra di non amare affatto il suo prossimo, e sicuramente non compie il precetto di “Ama il tuo prossimo come te stesso”. Ognuno conosce i propri difetti, e non vuole certamente che si sappiano in giro, quindi se va a raccontare i difetti degli altri, sicuramente dimostra di non amarlo, tanto più di non amarlo come se stesso.

I 17 divieti.8

16. Il sedicesimo divieto – “Non rendete ipocrita la terra”
1) Se raccontando lashon harà o pettegolezzo ha l’intenzione di compiacere chi lo sta ascoltando, nel senso che sa che chi lo ascolta odia la persona di cui gli sta parlando, e attraverso il suo racconto spera di compiacerlo – trasgredisce anche al divieto dì ipocrisia.
2) Ed è possibile che anche chi ascolta sia ipocrita – se una persona gli parla male del suo prossimo e chi ascolta sa che quello che sta dicendo non è corretto, e nonostante ciò annuisce con il capo per mostrare assenso, e aggiunge anche qualche parola negativa al riguardo – trasgredisce il divieto di non essere ipocrita, e nel momento in cui ascolta il racconto deve sforzarsi a non stimolarlo perfino con un singolo movimento che mostri che è d’accordo con quello che sta sentendo; e se chi racconta starà a sentire nel caso in cui venga ammonito per la questione, lo si deve ammonire.

17. Il diciassettesimo divieto – “Non maledire (perfino) un sordo”
È molto frequente che chi parla lashon harà in uno stato di collera, maledica col nome di HaShem colui di cui sta parlando, e così facendo trasgredisce il divieto di “Non maledire (perfino) un sordo”, perfino se maledice col nome di HaShem in una qualsiasi lingua. E lo trasgredisce anche se lo maledice non in sua presenza.

Abbiamo enumerato le diciassette trasgressioni a divieti espliciti direttamente nella Toràh che contravviene generalmente chi parla lashon harà, e la pena per alcuni di essi è la mittà bidè shamaim (ossia una morte spirituale in conseguenza di cui va male tutto ciò che concerne la vita della persona), oppure la perdita del mondo a venire. E se si racconta la lashon harà a un goy la trasgressione è molto più grave.

I 17 divieti.7

14. Il quattordicesimo divieto – “Non addossare colpe al prossimo”
Se offende una persona al punto tale da farle cambiare l’espressione del viso – trasgredisce anche il divieto di “non addossare colpe al prossimo”, e se lo ha fatto anche vergognare in pubblico non ha posto nel mondo a venire (a meno che non faccia teshuvà e gli chieda scusa).

15. Il quindicesimo divieto – “Non maltratterete nessuna vedova e orfano”
1) Chi racconta lashon harà o pettegolezzi su di un orfano o una vedova in loro presenza, perfino se la cosa è vera – trasgredisce il divieto “Non maltratterete nessuna vedova e orfano” e la punizione che deriva dal farlo è esplicita nella Toràh “E la Mia collera si accenderà e vi ucciderò con la spada. Le vostre mogli diventeranno vedove e i vostri figli orfani”.
2) Chi ascolta l’offesa dell’orfano e della vedova e rimane in silenzio, anche lui sarà punito per questo (Beer maim chaim).

I 17 divieti.6

12. Dodicesimo precetto: “Non essere come Korach e la sua congrega”
Se attraverso ciò che racconta alimenta anche discussione e polemica trasgredisce inoltre il divieto di “Non essere come Korach e la sua congrega”.
13. Il tredicesimo precetto: “L’uomo non danneggi il suo prossimo (con le parole)”
Molto spesso succede che si offenda il prossimo in sua presenza raccontando quello che ha fatto in passato, o raccontando un difetto della sua famiglia, o dicendo che non è intelligente, o qualsiasi altra cosa che gli arrechi dispiacere. E così nel pettegolezzo, ossia che racconta di fronte a Reuven di fronte a Shimon che Shimon ha parlato male di lui, e in questo modo trasgredisce anche il divieto “L’uomo non danneggi il suo prossimo (con le parole)”, e tanto più se lo racconta anche di fronte ad altre persone.

I 17 divieti.5

10. Il decimo divieto – “Non si ponga un solo testimone contro un uomo per ogni peccato e per ogni colpa”.
Una persona singola che testimonia in tribunale che una persona ha compiuto qualcosa di vietato, o che ha fatto qualcosa di male a un’altra persona o ha parlato male di lei – contravviene anche al divieto di “non si ponga un solo testimone contro un uomo per ogni peccato e per ogni colpa”.
11. L’undicesimo divieto – “Non seguire la massa per fare male”
Se ci si unisce a una congrega malvagia o a persone che sono abituate a parlare lashon harà per raccontargli qualcosa o sentire cosa loro abbiano da raccontare – trasgredisce anche il divieto esplicito della Toràh di “Non seguire la massa per fare male”, e al precetto da compiere “di attaccarsi ad Esso ( cioè ad HaKadosh Baruch Hu e alle sue middot)”. E contravviene inoltre ad altri innumerevoli divieti di istituzione rabbinica e divieti direttamente dalla Toràh.

I 17 divieti.4

Il settimo divieto –  “Non odiare tuo fratello in cuor tuo” (Vaikra 19,17)
Colui che racconta Lashon Hara ~ maldicenza, trasgredisce a volte anche il divieto di “Non odiare tuo fratello in cuor tuo” (Vaikra 19,17). Ad esempio se ha un atteggiamento duplice: quando gli sta davanti gli parla armoniosamente e affettuosamente (e non gli fa vedere che non lo sopporta), e intanto gli sparla dietro   quando sta davanti ad altri. E a maggiore ragione trasgredisce questo divieto se dice esplicitamente agli altri di non andare a raccontarglielo.

L’ottavo e il nono divieto -  “Non vendicarti e non farla pagare”
a.       Colui che racconta lashon harà  ~ maldicenza trasgredisce talvolta anche i divieti di “Lo Tiqom VeLo Titor” ~  “Non vendicarti e non farla pagare”, come nel caso in cui non sopporta in cuor suo una persona che non gli ha fatto un favore, e per questo si vendica su di lui e racconta cose negative sul suo conto.
b.      Nel caso in cui colui che ascolta lashon harà  ~ maldicenza incoraggia in qualsiasi modo il racconto perché la persona di cui si parla non gli ha fatto un favore, trasgredisce anche i divieti di Lo Tiqom VeLo Titor” ~  “Non vendicarti e non farla pagare”.
c.       Non è necessario un incoraggiamento verbale, ma anche la sola espressione compiaciuta o di intesa su ciò che si dice è parte del divieto.

I 17 divieti.3

5. Il quinto divieto – “stai attento così da non dimenticare HaShem tuo Signore”
Chi racconta lashon harà – trasgredisce anche il divieto di “stare attenti così da non dimenticare HaShem nostro Signore”, in particolare se nel suo racconto negativo sul prossimo, vuole dare onore a se stesso (e se si fa onore a discapito di quello che racconta male sul suo prossimo, viene anche reciso dal Mondo Futuro)

6. Il sesto divieto – “e non profanerai il Mio Sacro Nome”
Chi racconta o ascolta lashon harà o pettegolezzi – trasgredisce anche il divieto di “non profanare il Mio Sacro Nome”. In particolare se è una persona importante e un punto di riferimento per cui tutti fanno caso a quello che fa, e tanto più se ha ascoltato a parlato lashon harà in pubblico.

I 17 divieti.2

3. Terzo precetto – “Osserva molto attentamente le prescrizioni che riguardano la piaga della tzaraat ~ lebbra
Chi racconta lashon harà o pettegolezzi – contravviene al divieto direttamente dalla Toràh di “osservare molto attentamente le prescrizioni che riguardano la piaga della tzaraat ~ lebbra” perfino se quello che dice è vero.

4. Quarto precetto – “Di fronte a un cieco non mettere un inciampo”
a. Chi racconta lashon harà o pettegolezzi contravviene al divieto direttamente dalla Toràh di “non mettere un inciampo di fronte a un cieco” perché mette un “inciampo” di fronte a chi ascolta quello che dice, e se ci sono più persone che ascoltano trasgredisce questo divieto molte volte secondo il numero degli ascoltatori.
b. Chi ascolta qualcuno che sta parlando lashon harà – se è l’unico ad ascoltarla, sicuramente sta trasgredendo il divieto di “non mettere un inciampo di fronte al cieco”, perché se non ci fosse lui ad ascoltare la persona non parlerebbe lashon harà; se ci sono altre persone oltre a lui – è possibile che non contravvenga a questo divieto, però, se è arrivato per primo – lo trasgredisce anche se arrivano dopo di lui altri ascoltatori.
c. In ogni modo, bisogna stare molto attenti nel fermarsi con una congrega di persone che parlano lashon harà e pettegolezzi, perché in Cielo sono tutti scritti sotto il nome di congrega cattiva.

I 17 divieti scritti esplicitamente nella Toràh, che è possibile trasgredire parlando lashon harà

1. Il primo precetto – “Non andare spettegolando nel tuo popolo”
Chi va a raccontare da una persona all’altra, dicendo per esempio “questa persona ha detto così e così su di te”, o “ho sentito che Tizio ha fatto così e così (e questo rientra nella categoria del pettegolezzo), oppure che parla male del suo prossimo (e questo rientra nella categoria di lashon harà), sia che l’ha raccontato di fronte alla persona che no, trasgredisce il divieto direttamente dalla Toràh di “Non andare spettegolando nel tuo popolo”.
2. Secondo precetto – “Non accettare un discorso vano”
Chi racconta o ascolta qualcuno che racconta lashon harà o pettegolezzi – contravviene anche al divieto di “Lo tisa shema shave” ~ “Non accettare un discorso vano” (in tutte le forme, ossia chi racconta, chi ascolta, lashon harà o pettegolezzi, che siano veri oppure falsi, di fronte alla persona di cui si parla o in sua assenza).

Prefazione del Chafetz Chaiim.2

2. E il motivo principale per cui oggi siamo in esilio è a causa del peccato degli esploratori, e hanno detto i Nostri Maestri che l’essenza del loro peccato è stata quella del lashon harà, perché hanno parlato male della Terra D’Israel. E anche tutti i grandi Saggi che sono stati uccisi all’epoca di Shimon Ben Shatach, è stato a causa del pettegolezzo, ed è anche il motivo per cui è stato distrutto il Bet HaMikdash ~ Santuario. E tantissimi e incommensurabili altri mali abbiamo ricevuto a causa di questo grave peccato.

3. E a causa dei tanti mali che conseguono da questo orribile atteggiamento, la Toràh ci ha avvisati di allontanarci da questo peccato con un divieto esplicito nella Toràh: “Non andare spettegolando nel tuo popolo”.
E inoltre, nella lashon harà e nel pettegolezzo sono compresi quasi tutti i divieti delle mizvot fra l’uomo e il suo prossimo, e molte questioni fra l’uomo e HaKadosh Baruch Hu. Quindi ci ha avvisati la Toràh così da non arrivare a collezionare tutta questa serie di brutte cose.
E forse, attraverso il fatto di esplicitare i molteplici divieti della Toràh che si contravvengono raccontando lashon harà e pettegolezzi, lo iezer harà si arrenderà vedendo la grandezza delle conseguenze negative che sono scaturite dalle sue parole.

Prefazione del Chafetz Chaiim

1. Il Signore Benedetto, nel Suo amore incommensurabile per il popolo ebraico, e nella Sua incommensurabile voglia di fargli del bene, li ha allontanati da tutti gli atteggiamenti negativi e in particolare dalla lashon harà e dal pettegolezzo, perché a causa loro si litiga, e a volte si può arrivare perfino ad uccidere. E tantissimi altri mali sono causati da questi atteggiamenti scorretti.

Introduzione.8

15. C’è un altro grande vantaggio nello studiare queste alachot: in questo modo non saranno considerate come qualcosa in balia di nessuno. E così, anche se qualche volta chas veshalom la persona parlerà lashon harà, non sarà considerata un “baal lashon harà” ~ colui che è solito parlare lashon harà. Poiché questo peccato è considerato come se avesse trasgredito insieme i divieti di avodà zarà ~ idolatria, ghilui araiot ~ rapporti proibiti e shefichut damim ~ uccidere, e chi rientra in questa categoria non può ricevere la shechinà ~ Presenza Divina, e altre punizioni molto gravi.

E PER MERITO DELLO STUDIO E DELLO STARE ATTENTI ALLA SHEMIRAT HALASHON, VERRA’ IL MASHIACH PRESTO E AI NOSTRI GIORNI AMEN!

Introduzione.7

13. Può darsi che ci sia qualcuno che tenti di impedire lo studio di queste alachot dicendo: “E’ meglio compiere questo peccato inconsapevolmente piuttosto che volontariamente”. La cosa però non ha senso, perché questa regola generale non si applica ai divieti scritti esplicitamente nella Toràh, e i divieti di parlare lashon harà e pettegolezzi sono scritti esplicitamente nella Toràh. Come si può sostenere una tesi del genere? Allora non bisognerebbe studiare neanche le alachot dello shabbat o del ghezel ~ rubare perché è difficile metterle in pratica?
14. Sicuramente HaKadosh Baruch Hu conosce meglio di tutti l’uomo, e se gli ha vietato di parlare lashon harà è solo perché l’uomo è in grado di farlo.

Introduzione.6

11. Nel libro ”shemirat halashon” è stato raccolto tutto quello Che i Nostri Maestri hanno scritto sul tema. Dalle loro parole è possibile rendersi conto la maestosità della ricompensa, sia in questo mondo che nel mondo a venire, per coloro che stanno attenti a non commettere questo peccato, e la grandezza della punizione per coloro che non stanno attenti.
12. È risaputo che è scritto nel midrash che se l’uomo si occupa molto di studiare quello che hanno detto i Nostri Maestri, HaShem toglie da lui lo iezer harà specifico su ciò che ha studiato. Perciò è possibile che studiando le norme sulla lashon harà scritte in questo libro, lo iezer harà di parlare lashon harà non avrà la meglio su di lui. Inoltre, quando una persona si allontana un po’ da questo peccato, col passare del tempo se ne allontanerà totalmente. Perché in questo peccato contano molto le abitudini, e chi mostra ad HaShem di voler tornare sulla retta via, HaShem lo aiuterà a farlo.

Presentazione!

בס"ד 
HaKadosh Barukh Hù ha regalato all'uomo un dono incredibile - quello della Parola! Grazie ad essa ci si può elevare e accrescersi, o chas veshalom il contrario. La vita di tutti i giorni ci pone di fronte a sfide in cui non è facile sapere cosa dire o cosa non dire, cosa si può ascoltare e cosa no.
In questo gruppo troverete il riassunto e la traduzione dei punti principali delle norme sulla Shemirat HaLashon ~ Preservare la propria lingua, in base agli scritti del Chafetz Chaiim, il primo ad avere raccolto in modo completo ed ordinato tutte le questioni legate al tema.
I grandi Rabbanim garantiscono che studiare due alachot al giorno legate al tema della shemirat halashon, porta grandi cambiamenti positivi nella vita di chi le studia.

Il tema è delicato, in questo gruppo ci limiteremo a riassumere e tradurre dai testi, senza però prenderci la responsabilità di rispondere a eventuali dubbi o casi specifici, situazioni in cui è necessario chiedere a Poskim ~ Decisori dell'alachà competenti in questo campo specifico.
Ci scusiamo in anticipo, post non inerenti al tema saranno cancellati per favorire una lettura fluida e scorrevole.
Con l'augurio di fare cosa gradita, vi auguriamo una buona lettura.