9. E’ vietato parlare male del prossimo sui suoi cattivi atteggiamenti. Ad esempio, se ha visto che si è insuperbito, oppure si è incollerito (perché è permesso solo mostrarsi incollerito, ma non incollerirsi davvero) oppure ha applicato altri atteggiamenti cattivi, perché forse ha fatto teshuvàh e si è rattristito dei suoi cattivi atteggiamenti. E persino se non è rattristito della cosa, forse non sa quanto siano gravi, e se l’avesse saputo, è possibile che sarebbe stato più attento alla cosa. E quindi non solo è vietato parlarne male, ma è anche opportuno ammonirlo (non saltandogli addosso, ma pacatamente) e mostrargli la gravità del divieto, e così compie anche la mizvàh dell’ammonire.
10. Nonostante abbiamo detto (4.9) che è vietato raccontare i cattivi atteggiamenti del prossimo, nel caso in cui vuole che gli altri non imparino da lui e dalle sue azioni, è possibile raccontare la cosa, e addirittura può essere una mizvàh. Questo a condizione necessaria e non sufficiente che non lo abbia preso in odio, indifferenza o non sopportazione (tutte e tre le cose rientrano nel termine שנאה “Sinàh” in ebraico). [N.d.R. C’è da notare, che oggigiorno non tutti sanno cosa sia un cattivo atteggiamento e cosa sia un buon atteggiamento. E’ necessario verificare questa cosa in base alla halakhàh, di caso in caso, senza giudicare solo in base alla propria opinione.] In tal caso è una mizvàh inoltre che chi racconta spieghi il motivo per cui parla male di tale persona, affinché chi sente non pensi che sia permesso parlare male del prossimo più di quanto sia effettivamente.
10.1 Persino se ha sentito la cosa da altri – deve sospettare la cosa, e anche dire ad altri eventualmente di sospettare della cosa affinché sappiano tenere le distanze. Deve però sottolineare la cosa dicendo “ho sentito che dicono di lui così e cosà, e perciò bisogna starci attenti e tenere le debite distanze.” (Beer Maim Chajim)