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Terza Regola.4

6. Se dal racconto, la persona di cui viene raccontato non riceve nessun danno, comunque chi ha raccontato ha trasgredito il divieto di parlare lashon harà, perfino se ancora prima di raccontare sapeva che il racconto non avrebbe arrecato nessun danno alla persona di cui parla è vietato raccontare qualcosa di negativo sul suo conto.

7. C’è una norma generale: bisogna giudicare il prossimo con un occhio favorevole. Ma se si vede qualcuno comportarsi in modo sbagliato, sia per quanto riguarda le norme fra uomo e il suo prossimo, che per quanto riguarda le norme fra l’uomo e il Signore, ci sono diversi modi su come giudicare la cosa, e tutto dipende da chi sia il soggetto in questione che si vede comportarsi scorrettamente. Come vedremo nella spiegazione di questa alachà.
Se la persona che vediamo comportarsi male è una persona “temente del Cielo”, è obbligatorio giudicarla favorevolmente, persino se quello che vediamo sembra essere un comportamento quasi sicuramente negativo.
Se si tratta di un uomo “medio” che generalmente sta attento a non compiere peccati, ma di tanto in tanto ci incappa, c’è una distinzione:
- se l’azione è possibile giudicarla più sul lato positivo, allora è vietato giudicarlo negativamente. E se lo si giudica negativamente e si parla della cosa, si trasgredisce il divieto di lashon harà [in ogni caso, anche se non ne parla ma lo pensa semplicemente, contravviene alla mitzvà di giudicare il prossimo favorevolmente (precetto da compiere numero 3 visto nell’apertura)].
- Nel caso in cui l’azione compiuta sia possibile giudicarla parimente sia come azione negativa che come azione positiva, c’è l’obbligo di giudicarla in modo positivo, ed è vietato raccontare sull’evento lashon harà.
- Persino in cui si possa tendenzialmente giudicare l’azione come negativa, è opportuno restare nel dubbio, ossia non avere la convinzione che si tratta di un’azione sbagliata.