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Rechilut - Terza Regola

1. Il divieto di Rechilut si applica anche su ciò è completamente vero. Persino se sa che avrebbe detto la stessa cosa dinnanzi alla fonte di ciò che racconta. Tanto più è vietato fare sfacciataggini e dire davanti alla fonte: "Tu hai detto così su di quest'altro", caso in cui il suo peccato è molto più grave.

Rechilut - seconda regola.2


3.       C’è chi dice che se qualcuno ha parlato negativamente di un’altra persona di fronte a tre persone, se una di queste tre va a dire al diretto interessato ciò che è stato detto su di lui, la cosa non costituisce rechilut. Questo perché ognuno ha un amico a cui riparlare, ed è chiaro che prima o poi quello che si è detto arriverà alle orecchie della persona in questione. A questo proposito si guardi quanto scritto nelle “ilchot lashon harà” alla regola 2 dal punto 4 in avanti.
In pratica però, si stia attenti a NON COMPORTARSI SECONDO QUESTA REGOLA. Il Maarshal, nel suo commento al Sefer Mizvot Ghedolot, scrive che molti rishonim (fra cui Rambam, Sma”g e Tosafot), sono totalmente in disaccordo con questa opinione, perfino di raccontare quanto sentito a qualcun altro e tanto più al diretto interessato.
4.       Se un socio decide di interrompere la collaborazione con l’altro socio per associarsi con altre persone, ma in finale non è riuscito nel suo intento, è vietato raccontare la cosa al socio iniziale, perfino se è stato detto di fronte a tre persone. Questo perché potrebbe accadere che a causa di quanto raccontato, sia arrecato dispiacere al socio originale, o si decida di annullare la collaborazione.
Analogamente, è vietato raccontare di un fidanzato che voleva interrompere il suo shidduch, o di un Rav di una città che è in cerca di un’altra città in cui essere Rav.

RECHILUT – SECONDA REGOLA



1.       È  vietato raccontare rechilut davanti a un signolo, e tanto più è vietato raccontare rechilut di fronte a molte persone.
2.       È vietato raccontare “polvere di rechilut” in tutti i modi possibili. Anche nel caso in cui si racconta a qualcuno che qualcun altro ha raccontato qualcosa su di lui, se lo si racconta dando ad intendere che era qualcosa di negativo sul suo conto, è vietato raccontarlo.
Anche se racconta in modo da poter intendere le sue parole con accezione positiva, gli è vietato raccontarlo se sa che l’interlocutore è una persona che giudica sempre il prossimo negativamente, o se sa che fra le due persone c’è dell’astio.

Rechilut - prima regola.6


10. E’ vietato raccontare rechilut in modo ingannevole. Ad esempio, se si parla con qualcuno e gli si ricorda, facendo finta di raccontare così per caso come se non sapesse chi è l’autore del fatto, del male che qualcuno ha commesso contro di lui. In questo modo, l’interlocutore si ricorda del fatto e di chi è stato a procurargli del male. È assolutamente vietato raccontare un racconto del genere o simili.
11. Il divieto di raccontare rechilut rimane tale sia che lo si faccia oralmente che per scritto. È altresì vietato dire a qualcuno che qualcun altro ha parlato male della merce che vende.

Rechilut - Prima Regola.5

8. Se ad una persona viene chiesto di rivelare ciò che hanno detto su di lui, se ha la possibilità di dirlo senza che non ci sia nè menzogna completa nè rechilut, allora risponda senza dire menzogna. Nel caso non fosse possibile, allora meglio che menta per darkhè Shalom ~ questioni di armonia. Stia attento comunque a non giurare su una cosa del genere.

9. Incluso nel divieto di rechilut troviamo anche l'allusione. Anche se non nomina chi ha (s)parlato di lui, ma è intendibile, oppure è possibile arrivarci, è vietato.

Rechilut - Prima Regola.4

6. Perfino se a causa del fatto che non racconta rechilut avrà un grosso danno, ad esempio che possano arrivare a sospettare di lui e licenziarlo dal posto di lavoro, e così non avrà ל"ע di cosa sostentare la sua famiglia, gli è vietato raccontare rechilut. 
Solo nel caso in cui ci sia un’utilità, ad esempio quella di risolvere il problema e far smettere il litigio, è permesso rivelare la cosa in base ad alcune condizioni che verranno riportate in seguito, alla nona regola. 

7. Se per il fatto di raccontare rechilut non si subisce nessun danno, ma si verrà solo presi in giro e derisi, o maledetti, non c’è alcun dubbio che sia vietato raccontare la rechilut (e si sappia che per merito di ciò, nella vita futura si sarà considerati fra coloro che amano HaShem Itbarach e il proprio volto risplenderà come la luce del sole).

Rechilut - Regola 1.3

4. Il divieto di Rechilut vale persino su ciò è vero al 100% senza mescolare neanche una più minima menzogna. Ricade nella rechilut spettegolare di una persona sia che l’interlocutore gli voglia bene, che non lo sopporti. 

5. Non c’è differenza se racconta di sua volontà oppure sotto pressione da altri, in ogni caso è vietato raccontare ciò che Reuven ha detto su Shimon. Persino se la pressione giunge dai suoi genitori oppure dai suoi mestri. Persino se si tratta di un caso di avak rechilut ~ polvere di rechilut (che saranno spiegate Be”H nella regola 8 delle regole della Rechilut)

Rechilut - Regola1.2


3.       Il divieto di Reçhilut è valido persino se non intende inserire odio (o non sopportazione) sulla persona di cui parla, persino se ha detto o ha fatto le cose in modo corretto. Ad esempio – Tizio ha ammonito Caio su ciò che ha detto su di lui o che gli ha fatto. Caio si scusa dicendo che “anche Sempronio ha detto così di te”. SE stima che in questo caso tizio sopporterà meno Semprionio – Reuven è chiamato Rachil (spettegolatore) ed è vietato dire ciò.

HILCHOT RECHILUT, prima regola



1.       Chi spettegola sul prossimo, trasgredisce il divieto esplicito nella Toràh che dice “Non andare spettegolando nel tuo popolo”. Questo è un peccato molto grave e a causa di questo peccato molte persone ebree vengono uccise. Per questo motivo, chi trasgredisce questo divieto, trasgredisce anche quello di “non rimanere inerme per il sangue del tuo compagno”. Inoltre si inciampa in numerosi altri precetti da compiere e trasgressioni da evitare, come spiegato all’inizio del libro.
2.       Un pettegolo è colui che riporta qualcosa da una persona all’altra, e va a dire ”Quella persona ha detto così e così su di te”, oppure “quella persona ti ha fatto così e così”. Questo vale perfino se il diretto interessato, quando sente quello che hanno detto o fatto contro di lui, non ritiene che ci sia qualcosa di male, è comunque rechilut (pettegolezzo) ed è una cosa vietata. 

Decima Regola.9

17. Se è accaduto qualcosa che non andava, e Tizio chiede a Caio: chi è stato a farlo? Perfino se Caio ha il presentimento che Tizio sospetta di lui, gli è vietato rivelare chi è il responsabile dell’accaduto, perfino se ha visto la cosa di persona. Deve rispondere di non essere stato lui, a condizione che attraverso questa risposta, Tizio non riesca a capire chi è stato. Se dalla risposta di Caio, si arriva a sapere per esclusione chi è stato (per esempio nel caso in cui il dubbio su chi sia stato sia fra due individui), c’è da fare una suddivisione per sapere come comportarsi: se è qualcosa che veramente non andava, sembrerebbe permesso dire di non essere stati. Però, se non è una cosa che non andava solo dal punto di vista di chi chiede, bisogna approfondire meglio per sapere se sia permesso dire di non essere stati. Quanto detto è il comportamento da tenersi secondo l’alachà stretta. Chi vuole comportarsi al di sopra di quanto richiesto dall’alachà stretta, è bene che si prenda la colpa, piuttosto che Tizio vada a chiedere all’altro sospettato se è stato lui, e quest’ultimo si vergogni. Oltretutto, viene riportato da Chazal, che ci sono stati Tannaim che si sono presi la colpa affinché non fosse scoperto un altro colpevole.

Decima Regola.8


15.   E’ necessaria molta ponderazione per capire come raccontare le cose, perché il rischio è di trovarsi nel terribile pericolo di raccontare lashon harà vietata. In particolare se è in collera con chi gli ha arrecato danno. Perciò se non sta bene attento a tutte le condizioni necessarie (vedi punti 2-4) trasgredirà, chas veshalom, il divieto di lashon harà.
16.   Una persona che racconta lashon harà sul prossimo con la scusa che “anche lui ha sparlato di me” è caduto in un errore enorme. Ciò per due motivi:
a.       E’ vietato credere a ciò che gli hanno raccontato, cioè che tizio ha parlato di lui.
b.      Sicuramente non ha alcuna intenzione ad avere un’utilità da ciò che racconta, ma solo a diffondere maldicenza sul suo prossimo perché ha sparlato di lui. (Beer Maim Chaim 41)

Decima Regola.7

13– 14. Se una persona gli ha fatto un danno (anche fosse economico) e stima che attraverso il racconto può avere un vantaggio in futuro è permesso raccontare ad altri a condizione che pensi che lo possano aiutare. Ad esempio nel caso in cui sa che possono ammonirlo e di conseguenza è possibile che restituisca il maltolto o risarcisca il danno. E così anche nel caso sia possibile evitare una possibile offesa o sofferenza vale lo stesso principio. A condizione che siano presenti tutte le condizioni nel punto 2-4.

Decima Regola.6


11.       Quando si subisce un torto (si è stati derubati o truffati) da qualcuno, bisogna stare attenti a non raccontarlo (anche se si è sicuri di raccontare esattamente la verità di quanto accaduto). In questo caso lo scopo sarebbe quello di mettere in cattiva luce la persona che ha commesso il torto agli occhi del pubblico e non quella di ottenere un’utilità: ossia che le persone disdegnino i malfattori e stiano attenti a non comportarsi come  loro.
12.   Tanto più bisogna stare attenti a non raccontare lashon harà quando non si è subito un danno vero e proprio. Per esempio se non si è ricevuto un favore (non gli hanno dato zedakàh, un prestito o ospitalità…). Se ci si lamenta per questo con altri, si sta sicuramente trasgredendo il divieto di parlare lashon harà (cfr regola 5.1) e altri divieti spiegati precedentemente.
Questo vale nei confronti di un singolo e tanto più nei confronti di un gruppo o di un’intera città (per esempio nel caso in cui non sia stato ospitato secondo lui con sufficiente kavod). Se si parla di più persone il peccato è molto più grave (a meno che non si racconti a qualcuno che ha la possibilità di rimproverare le persone per quanto accaduto, in tal caso si stia attenti che siano presenti tutte le condizioni del punto 2 e 3).

Decima Regola.5

9.       Se chi racconta è riconosciuto dal pubblico come persona integra, che non avrebbe problemi a dire ciò che dice anche di fronte al diretto interessato, se sa che l’interessato non accetterebbe il rimprovero può raccontare le malefatte compiute anche di fronte a meno di tre persone. In questo caso tutti saprebbero certamente che, una persona del genere, racconta ciò che racconta con l’unico scopo di  aiutare la vittima e di condannare di fronte al pubblico azioni che non vanno bene. Si stia attenti a quanto detto nel punto 8, e che siano presenti le 7 condizioni riportate all’inizio del capitolo.
10.   Le norme che riguardano il raccontare lashon harà per una trasgressione commessa nei confronti del prossimo o nei confronti di HaShem sono le stesse. Solo che una trasgressione di un peccato nei confronti di HaShem è vietato raccontarla ad altri, nonostante sussistano le condizioni riportate nel punto 2. Solo nel caso in cui sussistano tutte le condizioni e si è anche visto svariate volte che la persona trasgredisce volontariamente un’averà conosciuta da tutti come tale, è permesso raccontarlo.

Decima Regola.4


7.       – 8. Ciò che si è detto precedentemente nel punto 2 (ossia che bisogna rimproverare chi commette un torto, prima di raccontare lashon harà su di lui), vale per una persona normale, se si sa però che tale persona non accetterebbe il rimprovero, non bisogna rimproverarla. Si stia però attenti, quando si parla male di lei, di farlo di fronte a tre persone, così che la cosa sia considerata come se l’avesse gliel’avesse detta in faccia (perché una cosa detta davanti a tre persone è considerata alla stregua di una cosa pubblica in questo contesto), e non sia sospettato di mentire.
Però, se si teme che la persona di cui si dovrebbe parlare lashon harà, possa vendicarsi e fare del male a colui che vuole raccontare, si può facilitare e raccontare il torto che quella persona ha commesso anche non di fronte a tre persone. Si stia attenti che sussistano le condizioni di cui abbiamo parlato nei punti 2 e 3.
Chi ascolta la lashon harà, non può accettarla ma deve ricercare se la cosa è vera, e rimproverare chi ha commesso il torto, perché forse lo starà a sentire.

Decima Regola.3 - Raccontare di qualcuno che fa lashon harà!


5.-6.  Una persona che vede qualcuno parlare lashon harà, può raccontare pubblicamente la sua trasgressione, a condizione che si siano verificate tutte le condizioni viste precedentemente nei punti 2,3,4. Un’altra condizione è che la lashon harà raccontata sia già giunta alle orecchie del soggetto di cui si parlava lashon harà (altrimenti chi la rende pubblica trasgredisce il divieto di rechilut).
Nel caso sia evidente che c’è utilità nel rendere pubblica, c’è la possibilità di non necessitare la condizione precedente che la lashon harà sia già giunta alle orecchie del soggetto di cui si parlava lashon harà. In ogni caso sono necessarie tutte le condizioni precedentemente viste (2-4)
In ogni caso è vietato raccontare della lashon harà fatta al soggetto di cui si parlava; persino se parlava male di suo padre o dei del suo maestro di Toràh.
Un esempio pratico: se sa che la persona in questione potrebbe andare a raccontare la lashon harà ad altre persone ed è quasi sicuro che credano alla sua lashon harà, sicuramente è opportuno anticiparlo e raccontare loro che quella persona sta dicendo frottole. (A condizione siano presenti le condizioni precedenti 2-4)

Decima Regola.2 - Cosa significa "Buona Causa"?


3.       Condizione aggiuntiva e necessaria per il permesso di raccontare lashon harà visto sopra, è che la persona che racconta non sia anch’essa peccatrice sulle stesse trasgressioni come la persona di cui si parla. In caso lo sia, è vietato raccontare lashon harà e rendere pubbliche le trasgressioni del prossimo(perché la sua intenzione è solo di svergognarlo).
4.       Per una buona causa. Una delle condizioni che abbiamo visto precedentemente (punto 2) è di aver intenzione di raccontare per una buona causa e con uno scopo. Questo punto va spiegato meglio:
a.       Se coloro cui racconta possono aiutare il danneggiato – sicuramente è opportuno raccontare.
b.      Se non si raggiunge un aiuto per il danneggiato, ma chi racconta ha l’intenzione che coloro che ascoltano si allontanino dalla cattiva strada. Quando si sente che le persone disprezzano i malvagi, è possibile che il peccatore stesso faccia teshuvàh e sistemi le sue azioni. Anche ciò è considerata una buona causa.
c.       Se si stima che non ci sia alcuna utilità, perché anche le persone cui racconterebbe si comportano male e trasgrediscono la stessa questione tanto che non considerano per nulla la cosa come trasgressione, stia ben attento a non raccontare per nulla la questione.
d.      Non c’è differenza in tutte queste condizioni, se il danneggiato ha fatto richiesta di risarcimento o no; perché se è permesso parlare, persino se non ha fatto la richiesta è permesso; se è vietato (cioè non si sono verificate le condizioni riportate nei punti 2-3), persino se ha fatto richiesta di risarcimento rimane vietato.

Decima Regola


DECIMA REGOLA: LASHON HARA’ SU PRECETTI CHE RIGUARDANO NORME FRA L’UOMO E IL PROSSIMO
1.       Chi ha visto fare un torto, come rubare, danneggiare o far vergognare qualcuno, e sa certamente che chi ha rubato, o chi ha commesso il torto non ha riparato il danno, neppure chiedendo scusa, può raccontare il fatto ad altri, a condizione che voglia aiutare chi ha subito il torto, o che voglia che le azioni di quella persona siano viste come spregevoli agli occhi della gente, a patto che ci siano i seguenti presupposti (vedi punto due).

2.       (vedi punto uno)
– che abbia visto la cosa di persona, se la ha sentita da altri bisogna cercare bene quale sia la verità
-          Si concentri molto sulla cosa, per verificare se secondo la alachà stretta quello che è successo è considerato come rubare, come commettere un danno etc.
-          Deve prima rimproverare chi ha commesso il danno in modo dolce, forse sarà in grado di recepire il rimprovero e comportarsi di conseguenza.
-          Non deve esagerare il racconto più di quello che è, e se è a conoscenza di qualche aspetto grazie a cui l’avvenimento sembri meno grave agli occhi di chi ascolta, deve fare attenzione a non ometterlo.
-          Deve farlo solo per una buona causa e con uno scopo, e non deve godere del danno che viene fatto alla persona attraverso il racconto, e non deve farlo spinto dall’odio nei suoi confronti.
-          Se può raggiungere lo stesso scopo (ossia quello di far restituire ciò che è stato rubato o riparare al torto subito, o rendere spregevole il gesto che ha fatto quella persona) in un altro modo, è vietato parlare lashon harà sul quanto accaduto.
-          Non si causi un danno a chi ha compiuto l’azione spregevole, più di quanto ne avrebbe ricevuto se avessero testimoniato contro di lui al bet din.  

Nona Regola.3


     5.     Se si sentono i propri figli, ancora piccoli, parlare lashon harà, è mizvà sgridarli, affinché si allontanino da questo grave peccato.
Il padre deve educare i propri figli, fin dalla tenera età, ad allontanarsi dal peccato della lashon harà, e da tutti i peccati che si possono compiere parlando, tra cui mentire ed essere coinvolti o alimentare discussioni.
Uno fra i motivi per cui il peccato di parlare lashon harà è così diffuso, è proprio perché non si è stati educati fin da piccoli a fare attenzione a non parlare lashon harà,e si è abituati a dire tutto ciò che si vuole, quindi, una volta cresciuti, è molto difficile cambiare un’abitudine simile. Però, se il padre educa i propri figli a fare attenzione a non parlare lashon harà, a non mentire etc, quando cresceranno gli sarà molto più facile allontanarsi dal peccato di lashon harà e innalzarsi spiritualmente ricevendo grandi ricompense sia in questo mondo che in quello a venire.
6. Se qualcuno racconta qualcosa a un’altra persona, quest’ultima ha il divieto di raccontarlo a qualsiasi altra persona, a meno che non gli sia stato specificato che può raccontarlo agli altri, ovviamente a condizione che non si tratti di lashon harà.

Nona Regola.2


     3. Bisogna fare attenzione a elogiare qualcuno, in modo che la cosa possa danneggiarlo. Per esempio se si è stati ospitati con molto kavod e si è ricevuto molto cibo etc., oppure se si è ricevuto un prestito, è vietato dire quanto bene si è ricevuto. Questo perché altrimenti della brutta gente, o dei perditempo, potrebbero cominciare a dare fastidio alla persona da cui si è ricevuto il bene, e questa persona potrebbe ritrovarsi nei guai non sapendo più come liberarsi di questo tipo di gente.
Bisogna inoltre stare attenti a non mettersi nella condizione che altri sospettino che si sta parlando lashon harà, altrimenti si trasgredisce il divieto di parlare “avak lashon harà” (polvere di lashon harà).       
4. È vietato abitare in un quartiere di maldicenti, tanto più sedere vicino a dei maldicenti e ascoltare ciò che dicono, perfino se si ha l’intenzione di non ricevere ciò che dicono.
Tanto più, è vietato fissare il proprio posto al Bet HaKneset o nel luogo di studi, accanto a persone maldicenti.
In particolare, chi ha un tempo stabilito in modo fisso durante la giornata (cosa che TUTTI dovrebbero avere) che dedica allo studio di Toràh, non può assolutamente sprecarlo immischiandosi con i vicini che parlano lashon harà.
Se si ha un alunno che parla abitualmente lashon harà, e si sa con certezza che non starà a sentire nessun rimprovero, bisogna allontanarlo.
Se una persona si trova suo malgrado con una compagnia di maldicenti, e non ha alcuna possibilità di defilarsi,  deve seguire alcune norme comportamentali:
-          Se stima che rimproverando il gruppo, risucirà a non farli parlare lashon harà, deve senza dubbio rimproverarli.
-          Perfino se stima che il suo rimprovero non abbia l’effetto di farli smettere di parlare lashon harà, d’altro canto non apporterebbe nessun danno, non può stare zitto.
-          Se con il suo rimprovero, continueranno ancora di può a parlare male di quella persona, non bisogna dirgli niente.
-          Perfino se il rimprovero non servisse a niente, se ha qualche altra idea su come farli smettere, ha l’obbligo di metterla in pratica.

NONA REGOLA – Avak Lashon Harà

1. L’Avak lashon Harà è traducibile come “polvere di lashon harà”. S’intende con questa formula qualcosa che non è lashon harà completa, ma che ci si avvicina o che la causa. Ad esempio:
       a. Dire: “chi l’avrebbe detto che tizio sarebbe divenuto così”
       b. Dire “non fatemi parlare su caio, non voglio dirvi cos’è successo” 
       c. Una persona che elogia un altro davanti a chi non lo sopporta, perché provoca che raccontino lashon harà a loro volta. (Hagà) Perciò è vietato parlare di una persona se ha il dubbio che vengano a parlare male di lui. 
       d. Abbondare nell’elogiare una persona anche non davanti a una persona che non lo sopporta, perché alla fine arriverà lui stesso a dire “tranne questa cosa che non va bene” oppure loro risponderanno: “perché racconti così bene di tizio, sappiamo benissimo che…”

2. Raccontare elogi in pubblico è vietato in ogni caso, perché in ogni luogo pubblico è possibile che ci sia qualcuno che lo sopporti poco o che lo invidi, e se verrà elogiato, ne parleranno male. Ci sono però due eccezioni:
       a. Elogiare una persona che nessuno conosce è possibile, a condizione di non elogiarlo troppo (Hagàh)
       b. Elogiare una persona conosciuta come “Zadik” e retto, è permesso lodarlo anche davanti ad una persona che non lo sopporta, perché anche se dovesse ribattere, tutti sanno che non è vero.

Ottava Regola.8

13.       Ogni persona facente parte del popolo ebraico ha il divieto di accettare lashon harà su qualsiasi persona del popolo ebraico, ad eccezione degli eretici, di chi parla lashon harà etc. Come spiegato precedentemente, per accettare si intende credere in cuor proprio che la cosa sia vera.

14.     È vietato accettare lashon harà perfino dai propri genitori o dai propri famigliari.
Se i propri genitori parlano lashon harà e non gli si dice niente, si viene puniti gravemente per questo. Bisogna dirglielo in modo dolce e rispettoso, e cercare di dire qualcosa di positivo sulla persona di cui parlavano male.
Bisogna sempre rimproverare chi parla lashon harà nella propria casa, ma va fatto dolcemente, ricordando la punizione che riceve chi parla lashon ahrà, ricordando invece la grande ricompensa che riceve chi non parla lashon harà.
In particolare, ognuno stia attento a se stesso affinché non proferisca nessuna parola di lashon ahrà, perché se non si sta attenti per primi, gli altri non staranno a sentire quando li si rimprovera di non parlare lashon harà.
In cose di questo genere, è fondamentale il comportamento del “padrone di casa”, così come si comporta lui, si comporteranno gli altri, quindi si stia molto attenti, così da poter ricevere grandi ricompense sia in questo mondo che in quello a venire.

Ottava Regola.7


11. Il divieto di lashon harà vale sia che si racconti dinnanzi a parenti che non. Persino tra fratelli, è lashon harà. Persino se vuole che lo ammoniscano per ciò che racconta è vietato, perché prima deve ammonirlo lui stesso in privato. Nel caso però pensi che il suo ammonimento non aiuti, mentre quello dei parenti possa aiutare, può raccontarlo ai parenti affinché lo ammoniscano (e non per altri motivi).

12. Il divieto di lashon harà vale quando si racconta dinnanzi a un ebreo. Se racconta davanti a non ebrei il suo peccato diviene ancora più grave, perché oltre a disonorare gli ebrei e HaQadosh Barukh Hù (che gli ebrei rappresentano), presenta anche del male verso chi ha raccontato; questo perché se racconta lashon harà a un ebreo, questo non dovrebbe accettare subito il suo racconto. Mentre un non ebreo non ha motivo per non crederci e diffondere il racconto (non avendo il divieto di lashon harà) e quindi il danno è molto maggiore.
Tanto più nel caso in cui parli male degli ebrei davanti a non ebrei, il suo peccato è ancora più pesante, perché entra nella categoria dei “malshinim” ~ “melelingue” e il suo status equivale a quello degli “Apikoros” ~ eretico e coloro che non credono nella Toràh e nella resurrezione dei morti. E anche se il Ghehinnom terminerà, la loro pena non terminerà. Perciò ognuno deve stare attento a ciò, perchè il peccato e il danno divengono molto più gravi. (vedi libro intero per maggiori dettagli sulla gravità ulteriore)

Ottava Regola.6


       10. È vietato raccontare lashon harà ai propri famigliari e alla propria moglie e al proprio marito. Se c’è un motivo specifico per cui è necessario raccontare lashon harà alla propria moglie, per esempio nel caso in cui lei dia merce a credito a delle persone malvagie da cui poi sarebbe difficile riprendere i soldi, è permesso dirle che tipo di persone siano, e metterla in guardia, così che non presti loro merce o altro. Allo stesso modo è permesso raccontare al proprio socio a proposito di qualcuno che si ritiene disonesto o altro, così da non fare affari con lui.
10.1 se non si conosce di persona il fatto, ma solo per sentito dire, è comunque permesso raccontare ciò che si è sentito, così da tutelarsi per il futuro, ma in questo caso si sottolinei che si è solo SENTITA la cosa, e quindi bisogna stare attenti.
Alcuni credono che sia permesso raccontare alla propria moglie tutto quello che gli capita con gli amici, al lavoro, nel luogo di studio etc., in questo caso non solo si trasgredisce il divieto di lashon harà, ma si rischia anche di creare discussioni, perché se la moglie sente che qualcuno non tratta bene il marito, ce l’avrà con lui, potendo arrivare ad offenderlo o altro. Quindi bisogna stare molto attenti a non raccontare al proprio coniuge cose del genere.

Ottava Regola.5

8. C’è chi sostiene che è permesso raccontare lashon harà su una persona che è considerato “baal machloqet”, ossia una persona che crea o alimenta polemiche, nel caso in cui vede che attraverso il racconto è possibile mettere a tacere la polemica. Nel caso non venga a tacere la polemica è vietato raccontare lashon harà. Il permesso di raccontare lashon harà su un “baal machloqet” se c’è la possibilità di azzittire la polemica vale solo a determinate condizioni:
a. Baal Machloqet effettivamente. Deve sapere che tale persona è considerato “baal machloqet” da elementi che conosce in prima persona, e non per sentito dire. Nel caso abbia sentito raccontare e abbia trovato che le cose sono effettivamente vere (come nel caso di devarim nikkarim visto nella regola precendente).
b. Utilità. Deve raccontare con l’intenzione di spegnere la polemica e non per odio o altri motivi.
c. In altro modo. Sa che non è possibile spegnere la polemica in altro modo, se non quello di raccontare lashon harà sul “baal hamachloqet”. Ad esempio sa che l’ammonimento non aiuta.

9. E’ vietato disprezzare i defunti, qualsiasi fosse il loro livello – ignoranti o talmidè chakhamim. Tanto più è vietato disprezzare ciò che dicevano di Toràh.

Ottava Regola.4


7.1 Una persona, che tutta la città considera senza dubbio malvagia, a causa delle cattive voci che girano sul suo conto, secondo cui trasgredisce divieti conosciuti a tutto  il popolo ebraico, perfino questioni facili da rispettare, è permesso parlare su di lei lashon haarà e ascoltare su di lei lashon harà.
7.2 bisogna però stare molto attenti ad alcune condizioni fondamentali:
- che si abbia l’intenzione di parlare male di quella persona leshem shamaim, ossia fare in modo che altri non seguano il suo cattivo esempio, e magari che la persona stessa faccia teshuvà. Non si abbia l’intenzione di godere del racconto proferito, e non si racconti spinti dall’odio.
- non si racconti qualcosa di peggiore rispetto a quella che è la realtà
- non si parli male della persona di nascosto, ma pubblicamente, a meno che non si tema di ricevere del male, o di provocare discussioni.

Ottava Regola.3


5. il divieto di lashon harà riguarda chi, è considerato “tuo prossimo” secondo la Toràh. Per far parte di questa categoria bisogna condividere il rispetto della Toràh e delle mizvot. Chi nega che la Toràh scritta e/o quella orale e i profeti, siano di origine divina, o che accettano che tutta la Toràh (scritta, orale, profeti) siano di origine divina ad eccezione di un unico versetto, o di un solo principio, non rientra nella categoria di “tuo prossimo”.
6. Questo vale se si è sentito personalmente che qualcuno nega uno degli elementi di cui abbiamo parlato nell’alachà precedente. Se si è sentito da altri, questo non basta per permettere di parlare lashon harà su di loro sia che essi siano presenti che no. È vietato credere in cuor proprio  ciò che si è sentito sul loro conto, come abbiamo visto nella regola 6. Si deve tenere conto della cosa, al fine di potersi tutelare, o al fine di aiutare qualcun altro a tutelarsi. C’è l’obbligo di accertarsi della veridicità della cosa solo nel caso in cui “si sia sentito dire”, ma se si tratta di una persona che pubblicamente ostenta il suo essere eretico, è come se si fosse venuti a conoscenza della cosa personalmente.

Ottava Regola.2


3.  E’ vietato raccontare lashon harà perfino su di un bambino, se la cosa può danneggiarlo  o arrecargli dispiacere. Se raccontando qualcosa di male su di lui si intende cercare di evitare che il bambino causi danni e così facendo lo si possa mettere sulla giusta strada è permesso farlo, a condizione che si sappia in prima persona che la cosa è vera, e si sappia che quello che si racconta non causerà qualcosa di negativo, come per esempio che a causa di quello che si è raccontato il bambino esca dalla retta via.
4. E’ vietato raccontare lashon harà sia su di una persona ignorante che su di un talmid chacham (chi racconta lashon harà fa un peccato molto più grave). Lo yezer harà ci tende in trappola e ci fa credere che i talmidè chachamim di oggi non sono come quelli di un tempo e quindi non è vietato parlare lashon harà su di loro. La cosa è completamente falsa, perché ogni persona viene giudicata a seconda della generazione in cui si trova, ai nostri tempi, chi è adatto a insegnare Toràh e si dedica allo studio della Toràh può essere considerato talmid chacham. Chi ne parla male o lo insulta, perfino se in sua assenza, commette un errore pesantissimo ed è passibile di scomunica. Se la persona poi insegna nella stessa città di chi proferisce lashon harà contro di lui, il peccato è ancora più grande.